«Nefaste dinamiche familiari» come attenuante per un duplice omicidio e una condanna a 30 anni anziché all’ergastolo. È destinata a far discutere la motivazione della sentenza della Corte d’Assise di Modena, anticipata dall’Ansa, a carico di Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie e figliastra nel 2022. «Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate», scrivono i giudici, che hanno condannnato l’uomo a trent’anni e non all’ergastolo per il doppio femminicidio, anche in ragione «della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato», secondo cui le attenuanti generiche sono equivalenti alle aggravanti.
I fatti. La tranquillità di alcune casette di Castelfranco Emilia (Modena), via Cassola di Sotto, frazione di Cavazzona, viene spezzata alle 12.15 del 13 giugno 2022 dai colpi di fucile sparati dall’imprenditore edile di origine campana Salvatore Montefusco all’indirizzo della moglie di origine romena Gabriela Trandafir (47 anni) e della figlia di lei da una precedente relazione Renata (22 anni), alla vigilia della separazione della coppia per le troppe liti consumati nel nido familiare diventato un inferno anche per il ragazzo minorenne, figlio naturale della coppia risparmiato dalla mattanza e decisivo nel ricostruire il clima che si respirava in quella casa prima della tragedia. «La ragazza aveva paura: diceva che lui avrebbe fatto qualcosa, che è una persona cattiva», avevano raccontato i vicini di casa della coppia. Le due donne avrebbero vissuto quasi da segregate in casa, neanche l’auto potevano usare da sole», dicono agli inquirenti guidati dl procuratore di Modena Luca Masini, chiamati dallo stesso Montefusco subito dopo la strage da un bar di Castelfranco. Inutile l’intervento del 118 e dei vigili del fuoco.
I tanti colpi sparati con un fucile a canna mozza, detenuto senza permesso e con la matricola abrasa, come sottolinea l’assassino, hanno raggiunto le due vittime in cucina, sulla porta che dà sul giardino della villetta. Tra i precedenti che avrebbero dovuto far capire il triste epilogo le numerose denunce per comportamenti violenti dell’uomo, maltrattamenti, stalking, furto e appropriazione indebita troppo frettolosamente archiviate. L’uomo non avrebbe voluto lasciare l’abitazione come sarebbe successo con la separazione. Insomma, una tragedia annunciata. La ragazza aveva il pallino per il calcio e studiava moda all’università ma stava cercando lavoro, tanto che quel pomeriggio avrebbe avuto un colloquio. «Le due donne non erano state credute», fu il mantra dei coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Ma nella confessione dell’uomo emerse invece che lui era vessato.
Davanti al gip modenese Eleonora Pirillo, Montefusco avrebbe raccontato diversi episodi di maltrattamenti di cui l’uomo sarebbe stato vittima, tanto da aver controdenunciato le due donne per le accuse di stalking e violenze definite dai suoi legali «strumentali».
Da qui la condanna a 30 anni e non all’ergastolo (con cinque anni di libertà vigilata oltre a un milione di euro di provvisionale nei confronti del figlio, parte lesa) decisa lo scorso 9 ottobre, sentenza di cui solo oggi si sono conosciute le motivazioni. Destinate a riaccendere i riflettori su una straziante vicenda familiare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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