La magistratura vuol decidere come la Chiesa spende i soldi delle elemosine, così la carità diventerà reato. L'ultima invasione di campo delle toghe arriva da Sassari: nei giorni scorsi si è discusso dell'accusa ad alcuni sacerdoti - tra cui il vescovo di Ozieri Corrado Melis e Tonino Becciu, fratello del cardinale Angelo Becciu (nella foto) - di aver usato «per fini privati» assieme ad altri imputati due milioni di euro dell'Otto per mille destinati alla diocesi sassarese. È un filone del processo che ha condannato Becciu a cinque anni e sei mesi per peculato senza pecunia (l'alto prelato non si è messo in tasca un centesimo), ma al di là delle questioni giudiziarie, dietro questo rinvio a giudizio si nasconde l'idea che il vescovo sia un «pubblico ufficiale», tenuto a operare secondo le regole della pubblica amministrazione.
Un presupposto giuridico inconsistente e pericoloso. Perché da un lato viola l'articolo 7 del nostro dettato costituzionale («Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»), dall'altro rischia di investire tutta la Cei del compito di dover rendicontare i soldi finiti in opere di carità e sostentamento al clero secondo modalità e criteri di gestione propri dello Stato. Come se la magistratura fosse al di sopra della Carta e del Concordato, come se la diocesi di Milano prima di decidere a chi fare la carità (con buona pace dell'immediatezza e della sollecitudine), dovesse bandire delle gare, indicare termini, stilare graduatorie, accettando di finire eventualmente davanti al Tar per inseguire principi di finanza pubblica come la trasparenza e non principi di morale cattolica come il riserbo. Con il rischio che fare del bene senza «evidenza pubblica» sia peculato. Un monstrum giuridico assurdo.
Secondo Geraldina Boni, ordinario di Diritto ecclesiastico all'Alma Mater di Bologna, «il finanziamento pubblico alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni non è un regalo o una donazione» come scrive la Procura di Sassari, meno che mai «un privilegio confessionale» ma piuttosto «rende concretamente fruibile il diritto di libertà religiosa e l'appagamento di questa esigenza che lo Stato (lo ha chiarito di recente la Consulta) non può soddisfare.
Qualche giorno fa, in un evento organizzato da Quaderni Radicali, si è ancora discusso degli strascichi del caso Becciu e degli effetti deleteri provocati dal combinato disposto di un'azione penale esercitata al di fuori dell'alveo del diritto e con norme cambiate in corsa quattro volte. Ma il veleno di questa condanna contamina anche la magistratura, alle prese con l'ennesimo afflato di onnipotenza giuridica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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