Otto anni dopo il ritrovamento del suo corpo martoriato in Egitto, oggi si è aperto il processo per il sequestro e la morte di Giulio Regeni. È infatti dal febbraio 2016 che i genitori del ricercatore friulano aspettano giustizia e oggi, davanti alla Prima Corte d'Assise di Roma, si apre una fase certamente molto importante. A essere accusati delle torture inflitte e della morte di Regeni sono quattro agenti egiziani della National Security, il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Tutti imputati per il reato di sequestro di persona pluriaggravato - alcuni anche di omicidio aggravato - mentre all'ultimo viene contestato il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Il processo è cominciato nonostante l'ostruzionismo dell'Egitto a fornire indicazioni dei suoi agenti e l'assenza fisica dei quattro agenti egiziani accusati della morte di Regeni, grazie al lavoro della procura di Roma e alla sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato l'iter. Lo scorso settembre, infatti, una sentenza della Consulta ha dato il via libera a procedere anche senza la prova certa che i quattro imputati (al momento irriperibili) siano stati messi a conoscenza della pendenza del processo. Prima di entrare nel tribunale di Roma per l'udienza iniziale del processo, i genitori di Giulio Regeni hanno dichiarato: "È una giornata molto importante". Claudio e Paola hanno tenuto per un momento lo striscione giallo con la scritta "Verità per Giulio Regeni" insieme ad alcune persone giunte fuori dalla città giudiziaria per dare sostegno alla coppia.
Nel processo la presidenza del Consiglio si è costituita parte civile e ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro, in caso di condanna. Nel procedimento potrebbero essere sentiti anche diverse figure politiche e tecniche che nel 2016 erano in ruoli apicali nel governo italiano, nella Farnesina e nei servizi. Ai giudici della prima Corte d'Assise è arrivata una lista di possibili testi, tra cui anche il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi. Ma ci sono anche l’ex premier Matteo Renzi, l'ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, l'ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Marco Minniti, i capi dei servizi segreti e anche l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi.
"Erano otto anni che aspettavamo questo momento - afferma l'avvocato Alessandra Ballerini legale, insieme al collega Giacomo Satta, di Claudio e Paola Regeni -. Finalmente speriamo che questo processo possa partire, sono state sollevate le questioni preliminari che erano già state rigettate in tutte le altre aule e quindi speriamo, dopo la decisione della Corte Costituzionale che rafforza molto la nostra posizione, di poter avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio". In aula i difensori dei quattro 007 egiziani imputati hanno sollevato una serie di eccezioni preliminari. I giudici scioglieranno la riserva il prossimo 18 marzo.
Tajani: "No a ripercussioni con Egitto su Gaza"
"Il processo Regeni sta andando avanti, siamo lieti che vada avanti, si deve accertare la verità, colpire i colpevoli. Ma questo non ha nulla a che vedere con quello che accade in Israele, nella Striscia di Gaza, in Medioriente". Così il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine di una conferenza stampa alla Camera in cui ha presentato il Congresso di Forza Italia.
"L'Egitto è un interlocutore importante, serve fare un lavoro positivo con questo Paese perché tutti i palestinesi che escono dalla Striscia di Gaza, se vogliamo salvare vite umane, dobbiamo farlo insieme agli egiziani, così come è stato fatto per i cento bambini che abbiamo portato. Quindi - conclude - non se ne parla assolutamente di avere ripercussioni da questo punto di vista perché sarebbe un danno per tutto il popolo palestinese".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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