Tradito dal motore dell'aria condizionata. Un "errore di leggerezza" che è costato l'arresto a Giacomo Bozzoli dopo 11 giorni di latitanza. Il 39enne, condannato all'ergastolo in via definitiva per l'omicidio dello zio, era rannicchiato nel cassettone del letto matrimoniale nella sua villa di Soiano, sulla sponda bresciana del Lago di Garda. Addosso aveva solo un paio di mutande e accanto a sé un borsello contenente 50mila euro in contanti. "Sono innocente", ha ribadito ai carabinieri mentre lo portavano via. Ieri sera è stato trasferito dal carcere di Canton Mombello (Brescia), dove ha trascorso la prima notte da detenuto, a quello di Bollate (Milano). È sorvegliato a vista dagli agenti della polizia penitenziaria, ma lui assicura: "Non mi ucciderò".
La cattura
La fine della latitanza si è consumata nella notte tra mercoledì e giovedì. Attorno alle ore 5 del mattino, qualcuno vicino a Bozzoli avrebbe segnalato agli investigatori il rientro in Italia. Lui, Giacomo, "ha fatto qualcosa di cui ora non possiamo dettagli, qualcosa di telematico", rivela una fonte al Corriere della Sera. Certo è che, attorno alle ore 12 di giovedì, la Procura ha predisposto una serie di perquisizioni domiciliari: a casa dei genitori, in quella dei suoceri e persino nella fonderia di famiglia, a Marcheno, dove la sera dell'8 ottobre 2015 si consumò l'omicidio dello zio Mario. Nessuna traccia del 39enne. Finché non sono scattati i controlli nel luogo più improbabile in cui poteva essersi nascosto: la casa in cui lui e la compagna, Antonella Colossi, hanno vissuto fino a pochi giorni prima che la condanna all'ergastolo diventasse definitiva.
Tradito dall'aria condizionata
Bozzoli era proprio lì, nella sua villa di Soiano. A tradirlo è stato il rumore del motore dell'aria condizionata, che era spento fino al mercoledì sera. Dopo aver perlustrato l'intero perimetro dell'abitazione, i carabinieri hanno notato alcuni vestiti ammucchiati su una sedia in camera da letto: gli stessi abiti che il 39enne indossava a Marbella la sera in cui è stato immortalato dalle telecamere di un lussuoso resort del posto. Da qui l'intuizione di ispezionare il cassettone del letto matrimoniale, dove lo hanno stanato. Il fuggitivo, con baffi e barba incolta, si è fatto arrestare senza opporre resistenza. "Lei è un uomo di Stato, non può mettere in carcere un innocente", ha detto rivolgendosi al procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Del Prete, prima di salire sulla gazzella che lo ha condotto verso il carcere di Canton Mombello.
"C'è un testimone austriaco. Sono innocente"
Bozzoli si è sempre professato innocente. E lo ha ribadito, per l'ennesima volta, anche in questi giorni. Anzi, adesso sostiene di aver le prove della sua innocenza: "Lo capirete quando leggerete le lettere che vi ho spedito", ha precisato agli investigatori. Pare che abbia scritto un memoriale durante i giorni di latitanza in Francia, in cui avrebbe fatto riferimento a un presunto "testimone austriaco" che, a dir suo, potrebbe scagionarlo.
Le copie del documento sarebbero state inviate al procuratore Del Prete, al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente del Tribunale di Brescia Roberto Spanò. Al momento nessuna delle tre lettere è arrivata a destinazione. Per ora, resta la certezza di una pena senza fine: l'ergastolo per uno degli omicidi più misteriosi dell'ultimo decennio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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