Proseguono senza sosta le indagini dei carabinieri del Ros per scovare i complici che hanno protetto la latitanza del boss della mafia siciliana Matteo Messina Denaro. I militari, questa mattina, hanno arrestato, con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso, Emanuele Bonafede, 50enne di Castelvetrano, nipote del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri, 48enne nata in Svizzera. L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo.
La foto che ha tradito i fiancheggiatori
A condurre gli inquirenti sulle tracce della coppia è stata un’immagine dove si vede Messina Denaro seduto a gambe accavallate, con un bicchiere di rum nella mano destra e un sigaro gigante nella mano sinistra. La foto, scattata nel salotto della coppia arrestata, è stata trovata proprio sul telefono cellulare del boss mafioso. Gli indagati sostengono di non sapere che quell’uomo ospitato in casa loro fosse Matteo Messina Denaro, ma gli investigatori non credono a questa versione. Anzi, i carabinieri hanno trovato ulteriori riscontri, in particolare, sul rapporto tra il boss e la donna. Messina Denaro per nascondere la vera identità della Lanceri la chiamava Diletta. Nel 2017, il criminale, allora latitante, regalò anche un Rolex al figlio della coppia arrestata.
La lettera d'amore
"Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu". Queste le parole scritte nel 2019 in un biglietto diretto a Messina Denaro da una donna che si firmava proprio Diletta. Il biglietto, trovato a casa della sorella del boss, si concludeva in questo modo: "Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta". Gli investigatori sono sicuri, il vero mittente della lettera sarebbe Lorena Lanceri. La donna nelle sue comunicazioni col boss avrebbe usato il nome in codice per celare la sua vera identità. "Penso che qualsiasi donna nell'averti accanto si senta speciale, ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini – c’è scritto ancora nella missiva –. Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione, ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po’ di serenità e io farò di tutto per aiutarti". Diletta, in un messaggio audio mandato a una paziente oncologica della clinica Maddalena di Palermo ha confermato direttamente lo stretto rapporto con il boss. "Io sono qua con la creatura - ha detto - quello che mi sta facendo passare. Non solo mi ha trasmesso il Covid però alla fine per lo meno mi fa ridere perché è simpatico. Mi sta facendo giocare un sacco di soldi con ste scommesse".
L’indagine
Secondo i carabinieri del Ros la Lanceri, insieme al marito, avrebbe ospitato "in via continuativa e per numerosi giorni", nella casa di Campobello di Mazara, il padrino, all'epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell'appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell'ordine. I coniugi - per i pm - avrebbero dunque fornito al boss "prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza". Lorena Lanceri, inoltre, sarebbe stata inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all'ex latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care.
I legami di parentela tra i fiancheggiatori
Oltre a essere nipote del boss di Campobello, Emanuele Bonafede è fratello di Andrea Bonafede, arrestato nelle scorse settimane con l'accusa di aver fatto avere al capomafia le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, ed è cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l'identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche.
La rete dei complici
Salgono quindi a sei i favoreggiatori della latitanza di Messina Denaro arrestati dai carabinieri del Ros. Dalla cattura del padrino, il 16 gennaio scorso, sono finiti in cella Giovanni Luppino, l'autista che accompagnava alla clinica “La Maddalena” il boss per la chemioterapia nel giorno del blitz che ha posto fine alla sua trentennale latitanza, Andrea Bonafede, il geometra che gli ha prestato l'identità, il cugino omonimo, che avrebbe fatto avere a Messina Denaro le prescrizioni mediche necessarie per le sue cure, suo fratello Emanuele arrestato oggi con la moglie Lorena Lanceri e Alfonso Tumbarello, il medico che ha prescritto farmaci e analisi al padrino trapanese. Sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza di pena.
Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza.
Persone che, secondo i pm, gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del servizio sanitario nazionale, anche grazie a diagnosi e ricette effettuate a nome di Andrea Bonafede, e di acquistare sotto falso nome (ancora una volta quello di Andrea Bonafede) una casa da adibire a covo e una macchina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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