Finisce un festival e un altro ne comincia. Peccato che ad andare in scena sia stavolta lo spettacolo dell'orrore, del delitto elevato a show, in nome del gusto del macabro che per motivi imperscrutabili alligna tra noi. Stavolta la piece va in onda ad Avetrana, il paese pugliese dove non era mai successo di rilevante prima che vi fosse uccisa una povera bambina, e così il delitto è stato marchiato come «il delitto di Avetrana», allo stesso modo che venne chiamato «il delitto di Cogne» quello (e anche lì la vittima era un bambino) che inaugurò la stagione del turismo del sangue, con le code di curiosi che la domenica andavano a fare il picnic davanti alla villa dei Franzoni.
Adesso lo stesso circo torna in scena ad Avetrana, ed il sindaco deve chiudere al traffico via Deledda, la strada dove è atteso il ritorno di Michele Misseri, scarcerato dopo sette anni di pena che lui ritiene insufficienti, perché dice di non essersi limitato a nascondere il corpo della piccola Sarah ma di averla uccisa, e che la moglie e la figlia chiuse all'ergastolo sono invece innocenti. Vero, falso, l'importante è che se ne parli, e i talk show possano continuare a tritare le persone e i loro drammi come se fosse fiction.
L'Ordine degli avvocati di Milano pochi giorni fa ha definito efficacemente «aggressiva subcultura del processo mediatico» quella cui assistiamo. Nel circo si esibiscono vittime e carnefici, e gli uni e gli altri spesso sono cristi incapaci di sottrarsi alla ribalta, di ribattere l'unica cosa sensata ovvero «sparite, non siamo a teatro, è una tragedia vera».
Così accade che Misseri faccia sapere tramite il suo avvocato che la libertà lo spaventa più della cella per l'assalto dei media e intanto rilasci dalla cella cento righe di intervista, «non volevo uscire perché non è giusto». Povero lui, poveri i cameramen che lo aspettano invano. E povera una società dove la morte di una bimba diventa chiacchiera da bar.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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