"Niente risarcimento". La Cassazione respinge il ricorso di Raffaele Sollecito

Aveva chiesto un risarcimento milionario per gli anni trascorsi in carcere prima di essere assolto ricorrendo sulla base della responsabilità civile dei magistrati

"Niente risarcimento". La Cassazione respinge il ricorso di Raffaele Sollecito
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Si era più volte detto vittima di ingiustizia e aveva chiesto un risarcimento milionario (tenendo conto degli anni trascorsi in carcere prima dell'assoluzione dalle accuse) per gli errori che avrebbero commesso i giudici. Secondo la stampa umbra, Raffaele Sollecito non sarà tuttavia risarcito, perlomeno in attesa del pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo. Questo è il verdetto della Corte di Cassazione, che ha bocciato nelle scorse ore il ricorso inoltrato da Sollecito a Genova basandosi sulla responsabilità civile dei magistrati. Il motivo? La legge in questione risale ad otto anni fa e non può avere applicazione retroattiva. Condannato insieme ad Amanda Knox in primo grado nell'ambito dell'omicidio di Meredith Kercher, l'ingegnere trentanovenne ha trascorso quasi quattro anni dietro le sbarre prima di essere assolto in appello e scarcerato. Definitivamente scagionato, Sollecito (che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti) aveva avanzato una richiesta risarcitoria per ingiusta detenzione al tribunale di Genova, in quanto secondo la legge non si può essere giudicati due volte dallo stesso magistrato.

E la Corte d’appello di Perugia aveva solo una sezione, quella della prima sentenza. Così il giudizio era stato assegnato alla Corte d’appello di Firenze e quella dei giudici fiorentini era stata l’ultima pronuncia nel merito, su questo caso. Qualora si contesti l’operato di un magistrato toscano, per competenza territoriale deve essere l’autorità giudiziaria genovese ad occuparsene. E la Suprema Corte ha a quanto pare respinto la richiesta del ricorrente in base alla norma del 2015 che ha modificato la legge Vassalli, quella sugli eventuali errori dei magistrati. La bocciatura non riguarda tanto le pretese risarcitorie, quanto la non retroattività della norma, che impedirebbe a Sollecito di utilizzare questa legge per far valere le sue ragioni. Un orientamento che la Cassazione ha a quanto pare confermato.

“In tema di responsabilità civile dei magistrati, quando l'azione risarcitoria è fondata sull'adozione di un provvedimento, ed in particolare un provvedimento di custodia cautelare per il quale sia previsto specifico rimedio - si legge inoltre nella sentenza della Cassazione, riportata da PerugiaToday - il termine biennale di decadenza decorre dal momento in cui siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione, o gli altri rimedi previsti, e comunque non siano più possibili la revoca o la modifica del provvedimento. E non decorre, invece, dall'esaurimento del grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il danno, che costituisce il presupposto dell'azione solo nei casi di provvedimenti per i quali non siano previsti rimedi”.

Il "caso" non è ancora chiuso del tutto, in quanto risulta come detto pendente il ricorso alla Corte europea. Ad oltre tre lustri dai fatti insomma, il "delitto di Perugia" e i suoi risvolti continuano a far discutere.

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