Omicidio Mollicone: assolti anche in appello i Mottola. Proteste in aula

Sono stati assolti anche in secondo grado i cinque imputati per l'omicidio di Serena Mollicone, la 18enne uccisa nel 2001

Omicidio Mollicone: assolti anche in appello i Mottola. Proteste in aula
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Assolti anche in secondo grado i cinque imputati per l’omicidio di Serena Mollicone. La sentenza è stata pronunciata dalla prima corte d’appello di Roma presieduta da Vincenzo Capozza, ed è stata accolta da fischi e proteste degli astanti. Erano stati chiesti 24 anni per Franco Mottola, 22 per il figlio Marco Mottola e altrettanti per la moglie Annamaria. Sono stati invece nuovamente assolti, così come i due carabinieri imputati. I Mottola, alla lettura del dispositivo, hanno abbracciato i propri avvocati.

Per il sostituto procuratore Deborah Landolfi, Franco Mottola sarebbe stata "la persona che ha tenuto il comportamento più grave perchè era il comandante della stazione dei carabinieri e avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che questa ragazza morisse", mentre "per Marco e Annamaria Mottola chiediamo una pena un po' più alta del minimo edittale vista la gravità della situazione. Inoltre non hanno mai ammesso le loro responsabilità e non hanno mai collaborato".

Sono state condannate al pagamento delle spese processuali le parti civili che hanno chiesto il ricorso in appello, ovvero la famiglia di Serena, i parenti del brigadiere Tuzi, il comune di Arce e il Ministero della Difesa.

La vicenda

Serena Mollicone scomparve l’1 giugno 2001, venendo ritrovata uccisa due giorni dopo in località Fonte Cupa. Per il suo omicidio è stato assolto in tre gradi di giudizio un carrozziere, Carmine Belli, risultato completamente estraneo ai fatti. Nel nuovo processo i cinque imputati - Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Annamaria, i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano - erano già stati assolti in primo grado. L’ipotesi dell'accusa ricostruiva un delitto in cui Serena veniva colpita e tramortita, legata con del nastro adesivo da due soggetti, e trasportata poi nel luogo in cui è stata ritrovata.

Grandi attese

Il giorno della sentenza di secondo grado per l’omicidio di Serena Mollicone è iniziato con grandi dimostrazioni di solidarietà verso la 18enne, che era una giovane socialmente impegnata nella lotta alla droga e per i diritti degli animali. Di fronte alla città giudiziaria di Roma si è schierato questa mattina un presidio composto da alcune volontarie di Telefono Rosa e cittadine di Arce, che hanno distribuito volantini con la scritta “Non può pagare solo lei” e srotolando uno striscione con un’altra scritta: “Giustizia per Serena, mai più storie di ordinaria violenza”.

Tra i presenti alla sentenza la cugina di Serena Gaia Fraioli e Maria Tuzi, figlia del brigadiere Santino Tuzi che si tolse la vita nel 2008 dopo aver dichiarato di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce. “Spero che ci sia giustizia e che ci sia giustizia anche per mio padre. Gli elementi questa volta in aula sono stati di più, sono stati precisi ed è giusto che vengano presi tutti in considerazione”, ha detto Maria Tuzi. Il processo è iniziato a novembre 2023: in aula si sono susseguiti 44 testimoni, tra cui 3 mai ascoltati prima.

Presente anche l'uomo che in precedenza era stato accusato ingiustamente del crimine, Carmine Belli, che ha così commentato prima della sentenza: “È ora che si chiuda questa storia e che venga fatta giustizia”. È stata notata anche la presenza del fumettista e attivista ZeroCalcare, al quale è stata regalata una maglia con la foto della 18enne e la dicitura “Serena vive”.

Le reazioni

La sentenza ha provocato la delusione nei famigliari della 18enne. "Sono molto amareggiata, questa non è giustizia", ha commentato la sorella di Serena, Consuelo Mollicone. Lo zio di Serena, Antonio Mollicone, ha annunciato che non si fermeranno per ottenere giustizia: "Come familiare di Serena ho il dovere di fare in modo che la giustizia e la verità vengano a emergere perché mi sembra che non siano ancora emerse. Noi andremo fino in fondo affinché si persegua la giustizia".

La consulente di parte civile, la criminologa Roberta Bruzzone, si è lasciata andare a uno sfogo su Facebook: "Un giorno buio per la giustizia (con la g minuscola)… Serena, se puoi, perdonaci…". Bruzzone è peraltro autrice con Federica Nardoni del volume "La ragazza del bosco", in cui si ricostruisce l'intera vicenda, spiegando capillarmente l'ipotesi accusatoria.

Dura la reazione anche di Marco Mottola, che si è scagliato contro i giornalisti, affermando: "Avete causato voi questo incubo". "Ho sempre detto che non c'entravamo niente", ha commentato invece Franco Mottola. Il legale della famiglia Mottola, Mauro Marsella, ha aggiunto: "È stata una sentenza molto puntuale, non c'erano i margini per una sentenza di condanna.

Sul cadavere della povera vittima c'erano decine di impronte digitali che non sono riconducibili agli imputati e lo abbiamo ribadito anche oggi in sede di replica. Non si poteva che pervenire a una conferma della sentenza di primo grado".

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