Turetta in aula ammette: "Ho mentito". E non nomina mai Giulia Cecchettin

È il giorno della testimonianza di Filippo Turetta: il 23enne è accusato dell'omicidio di Giulia Cecchettin. In aula Gino, il padre della vittima

Turetta in aula ammette: "Ho mentito". E non nomina mai Giulia Cecchettin
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È giunto in aula, come atteso, Filippo Turetta. Oggi al tribunale di Venezia, nell'udienza presieduta dal giudice Stefano Manduzio, si è tenuta la prima delle sue testimonianze previste: il 23enne è accusato dell'omicidio di Giulia Cecchettin, compiuto l'11 novembre 2023. Turetta aveva confessato a 6 giorni dal delitto, dopo essere stato fermato in Germania. Lo attende un processo veloce, che dovrebbe terminare il prossimo dicembre, mentre le prossime udienze saranno a novembre. Le accuse per lui sono omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, oltre ai reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d'armi. Le prime parole di Turetta sono state: "Voglio raccontare tutto quello che è successo". Ha depositato una memoria, perché voleva "mettere per iscritto le cose che mi venivano in mente, alcune cose non me la sentivo di descriverle sul momento".

La lista

Le dichiarazioni rese da Turetta potrebbero avvalorare oppure no l'ipotesi della premeditazione. "Ho pensato di toglierle la vita. Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po' insieme e di farle del male. Ero arrabbiato, avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme e così... non lo so... in un certo senso mi faceva piacere scrivere questa lista per sfogarmi, ipotizzare questa lista che mi tranquillizzava, pensare che le cose potessero cambiare. Era come se ancora non la dovessi definire, ma l'avevo buttata giù". La lista in questione, stilata il 7 novembre, quattro giorni prima del delitto, è quella che gli inquirenti hanno rinvenuto sui device digitali del giovane: su quella lista figuravano oggetti potenzialmente utilizzabili per l'immobilizzazione e l'offesa, come due coltelli, un badile e lo scotch.

L'imputato ha affermato, d'altra parte, di aver fatto ricerche su "scotch resistente" e "manette professionali", per immobilizzare Giulia "dopo averla rapita". "Ho fatto queste ricerche poi ho comprato online lo scotch e una cartina stradale", ha aggiunto. I due si erano lasciati nell'estate 2023, dopo una relazione in cui la vittima avrebbe lamentato con le amiche un controllo eccessivo da parte di Turetta: Giulia si sarebbe laureata in Ingegneria pochi giorni dopo il delitto, ma in passato, stando ai messaggi che i due si sono scambiati, lui si sarebbe imputato sull'eventualità di laurearsi insieme, sebbene fosse indietro con gli esami.

Inizialmente, durante il primo interrogatorio, Turetta aveva ammesso di aver acquistato lo scotch per attaccare al muro la pergamena di Giulia il giorno della laurea. In altre parole ha ammesso di aver mentito: "Nel primo interrogatorio non ho dato la risposta corretta ad alcune domande e di questo mi dispiace". Nella memoria depositata è peraltro presente un capitolo che si intitola "Perché ho mentito". Nel corso dell'udienza è stato chiesto conto a Turetta dei singoli oggetti che erano inclusi in quella lista, come i due coltelli, che si ipotizza siano stati l'arma del delitto: "Nella lista scrissi che avevo bisogno di due coltelli per avere più sicurezza", ha spiegato. E in quanto al badile: "Perchè ho comprato un badile? Non so, non mi ricordo tanto, potrebbe essere per occultare il corpo".

Sempre stando alle dichiarazioni in aula di Turetta, nello specifico, i coltelli sarebbero stati "in auto in quella settimana, deve essere stato uno di quei giorni: mercoledì, giovedì o venerdì", ovvero in una data antecedente all'11 novembre. L'imputato ha aggiunto: "I coltelli non li ho messi per suicidarmi, come ho detto nel primo interrogatorio, ma sempre al fine di...". La frase è stata completata dal pm Andrea Petroni: "... eventualmente aggredirla". Le parole sono contenute nella memoria depositata, ma Turetta ha indugiato nel pronunciarle perché "è difficile dirle". Così come non ha pronunciato mai il nome di Giulia, tenendo gli occhi bassi, senza guardare mai il pubblico: tuttavia ha rivelato al pm di aver nutrito la speranza di tornare insieme a lei.

Le aggressioni

Giulia sarebbe stata aggredita una prima volta a Vigonovo, nei pressi della propria abitazione, avvistata peraltro da un vicino che ha allertato le forze dell'ordine. La seconda aggressione si sarebbe consumata invece nei pressi della zona industriale di Fossò, dove l'auto di Turetta e due sagome in lotta sono state riprese dalle telecamere di sorveglianza. Il corpo della vittima è stato poi abbandonato nei pressi del lago di Barcis. In aula sono state mostrate le immagini di diversi luoghi, come cascate, strade e una cava, e l'imputato ha aggiunto che avrebbe voluto rapire Giulia "in macchina e poi, insieme con me, allontanarci verso una di queste località [...] per aggredirla e togliere la vita a lei e poi a me".

Dopo aver parlato della lista di oggetti compilata, il pm ha chiesto a Turetta proprio delle aggressioni. La risposta: "Deve esserci stato un momento in cui nel tragitto lei si muoveva e magari volevo farla stare ferma. Mi sono girato e l'ho colpita, una volta alla coscia, anche se non guardavo bene dove colpivo, un po' a caso". Così Petroni lo ha incalzato, leggendo un passo dalla prima memoria: "Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse cosi, ho preso uno dei coltelli e sono uscito fuori di corsa per fermarla. Non ricordo esattamente. Poi l’ho presa per il braccio e lei è caduta, penso che abbia sbattuto la testa contro il pavimento. Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì". I carabinieri hanno mostrato in aula le foto dell'asfalto insanguinato.

Turetta ha detto inoltre di non ricordare quante colellate quante coltellate abbia inferto a Giulia: secondo l'autopsia, sono 75. "Avendola colpita in tre momenti deve essere stato, non so, un insieme. Soprattutto a Fossó devo averla colpita più volte. Avevo detto 12-13, ma in realtà sono di più", ha spiegato l'imputato. Nella memoria ulteriori dettagli: "Ho iniziato a colpire con il coltello, avrei voluto dare un colpo al collo, forse meno doloroso, ma lei si difendeva con entrambe le braccia e così ho iniziato a colpire più velocemente possibile senza neanche guardare".

Tra le due aggressioni, Turetta avrebbe sottratto lo smartphone di Giulia: "Dopo Vigonovo, dopo averla spinta in macchina, devo aver preso il suo cellulare e averlo allontanato da lei o forse era nella sua borsetta che avevo preso per impedirle che chiamasse". Lo smartphone, così come il computer di Giulia con all'interno la sua tesi di laurea, non è mai stato ritrovato.

A Turetta sono state inoltre chieste spiegazioni sull'occultamento del cadavere. Il corpo di Giulia è stato lasciato in un anfratto poi ricoperto con sacchi neri, in una zona che da lì a poco sarebbe stata chiusa al traffico per la stagione invernale incombente. "Non ha molto senso, ma io comunque mi rendevo conto che aveva delle ferite, che era in cattive condizioni. Sì, sapevo che non c'era più, ma in che condizioni fosse. Pensavo che fosse meglio non vedere, perché sono immagini brutte", ha chiarito.

Le chat

A Filippo Turetta è stato domandato anche della sua presunta volontà suicidiaria, pare espressa in una chat in cui parlava della relazione con Giulia. Ha affermato di non ricordare di averne accennato, o di averlo fatto indirettamente, allo psicologo Asl che l'aveva visitato poche volte prima dell'omicidio: "In quella chat penso di averlo detto riferendomi al futuro, non era un pensiero vero, potevo magari pensarlo ogni tanto. Ho riletto quella chat di recente, è veramente pesante da leggere, mi dispiace avere scritto quelle cose. Stavamo litigando, non mi controllavo, dicevo quelle cose con foga. Nonostante avessi questo pensiero comunque avevo paura del dolore fisico".

Il movente

Nicodemo Gentile, uno dei legali della famiglia Cecchettin, ha chiesto a Turetta del movente. La risposta: "Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, provato risentimento, rabbia, non lo so". L'imputato ha poi aggiunto, per la prima volta in lacrime dall'inizio dell'udienza: "Sentivo di aver perso per sempre la possibilità di tornare insieme, di non sentirla mai più. Ho percepito la possibilità di perdere il rapporto".

La difesa

Il controinterrogatorio della difesa, condotto dall'avvocato Giovanni Caruso, è iniziato con la domanda all'imputato sulla ragione per cui è comparso oggi in aula. "Penso che sia qualcosa di giusto, un dovere verso la giustizia, ma soprattutto verso Giulia e tutte le persone colpite. Sono accusato di aver commesso l’omicidio di Giulia con crudeltà, premeditazione, il legame affettivo”, ha detto il 23enne. Il legale gli ha chiesto come mai non abbia mai chiesto scusa alla famiglia di Giulia. "Dal punto di vista emotivo, in certi momenti, penso che potrei chiedere scusa, ma credo che sia ridicolo vista la grave ingiustizia che ho commesso, sarebbero ridicole. Penso che potrebbero creare ulteriore dolore", ha risposto, aggiungendo successivamente: "L'unica cosa a cui penso è che sia giusto affrontare questo ed espiare la mia colpa, provare a pagare per quello che ho fatto. È l'unico pensiero che ho al momento. Mi sento anche in colpa a pensare al futuro visto che lei non può più".

Con la difesa Filippo Turetta ha ripercorso la relazione con Giulia, interrotta per la prima volta nella primavera 2023: "C'era più di qualche motivazione, principalmente il fatto che ero troppo troppo dipendente, ossessionato dal nostro rapporto e questo causava pesantezza, soffocatezza e poi per litigi dovuti al fatto che io facevo storie". I due sarebbero tornati insieme dopo un paio di settimane, ma alla fine Giulia, nell'estate successiva lo avrebbe lasciato definitivamente per queste motivazioni, cercando di diminuire progressivamente la sua presenza nella propria vita, per timore di un gesto autolesionistico più volte ventilato dal coetaneo.

Il 7 novembre, il giorno della compilazione della lista, a seguito dell'ennesimo litigio, Turetta avrebbe avuto "pensieri ingiusti e terribili" sul "fare del male" a Giulia: "È difficile da ammettere, ma la verità era che potevo toglierle la vita facendole del male. Pensandoci mi vergogno profondamente. Mi facevo trascinare e provavo della rabbia ingiustificatissima verso di lei. Era difficile il rapporto tra di noi, avevo perso le speranze e questo mi creava rabbia verso di lei, la incolpavo di questi miei problemi". L'imputato ha ribadito inoltre che l'11 novembre pensava "di allungare un po' il tempo insieme... poi di toglierle la vita. Ho fatto molto pensieri, c'era sempre l'insicurezza".

Nella memoria difensiva l'imputato parla invece di scuse e non solo. Chiama infatti Giulia per nome: "Lei era (scrivere con verbi al passato è tanto triste e angosciante) meravigliosa, speciale veramente e mille altre cose belle con un futuro tutto da vivere e questo non è più possibile per colpa mia ormai. Alcune volte la nomino mentre altre non riesco. Non lo so perchè ma non ce la faccio proprio e mi pesa moltissimo. Non so neanche se sia giusto che io scriva il suo nome. Mi dispiace. Mi dispiace infinitamente per tutto quello le ho fatto. Non sarebbe mai dovuto succedere ed è inaccettabile. Non so bene cosa dire perchè mi sembra assurdo e rimango senza parole e qualsiasi cosa che io possa dire mi sembra sbagliata". Quindi ci sono parole rivolte ai parenti di lei: "Spesso quando mi risveglio mi viene da dire 'chissà cosa starà facendo adesso Giulia e come sta', poi ci penso un attimo e penso che queste domande non hanno significato e che tutto questo è veramente terribile.

Non posso neanche immaginare e rendermi pienamente conto del dolore e della sofferenza che prova la sua famiglia, suo padre, sua sorella e suo fratello e i suoi familiari vivendo questa nuova triste e angosciante realtà".

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