Le armi di Putin e il petrolio di Xi: perché gli “amici” abbandonano l’Iran

Nel caso in cui le tensioni tra Israele e Iran dovessero sfociare in una guerra ancor più estesa, la sensazione è che Teheran potrebbe contare su pochi alleati

Le armi di Putin e il petrolio di Xi: perché gli “amici” abbandonano l’Iran
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Cresce la tensione tra Israele e Iran dopo l’uccisione dei principali leader di Hezbollah da parte di Tel Aviv, l’offensiva militare via terra delle Forze di difesa israeliane (Idf) in Libano e la reazione di Teheran. In attesa di capire come si svilupperà il confronto tra lo Stato ebraico e la nazione guidata dagli ayatollah, c’è chi si è chiesto quali sono le strategie adottate da Russia e Cina. Che, nel corso delle ultime settimane, sono rimaste entrambe in disparte e immerse in un singolare silenzio. L'Iran, infatti, ha strettissimi rapporti con Mosca, cui fornisce droni e anche missili balistici da usare nella sua guerra contro l'Ucraina, ed è membro della Sco, la Shanghai cooperation organization, una specie di anti-Nato istituita nel 2001 e guidata dalla Cina.

Le mosse di Russia e Cina

Se i legami tra Mosca e Teheran ruotano per lo più attorno agli ambiti militari ed energetici, quelli fra Cina e Iran riguardano in primis l’economia. Pechino è infatti il primo partner commerciale del governo iraniano e compra l'89% del petrolio iraniano (dati febbraio 2024, Atlantic Council). Nonostante questo, e nonostante la propaganda anti-occidentale che descrive il fronte delle autocrazie come una corazzata unita e invincibile, i due principali alleati non fanno nulla in favore degli ayatollah.

C’è chi dice che il silenzio di Xi Jinping e Vladimir Putin siano strategici. Detto altrimenti, Mosca e Pechino non avrebbero alcun interesse a sollevare un polverone, attaccare Israele o entrare a gamba tesa nel dossier. Andiamo con ordine: la Cina, dopo aver organizzato la distensione con l'Arabia Saudita, non ha fatto passi avanti nella sua influenza mediorientale. Né a livello politico né tanto-meno militare: se nell'Indo-Pacifico mostra i muscoli, in altri quadranti si muove coi piedi di piombo.

Una crisi più profonda nella regione, e il danneggiamento di pozzi e strutture petrolifere (anche dell'Arabia Saudita, che nel 2019 fu colpita da asset iraniani, ed è il secondo fornitore di Pechino), sarebbe un disastro per l'economia cinese, già in grande difficoltà e dipendente da sempre maggiori quantità di greggio.

L’Iran abbandonato?

La Russia non ha forniture militari da elargire, visto che il percorso è inverso: è Teheran a sostenere lo sforzo bellico putiniano, insieme alla Corea del Nord. Certo, il ministro degli Esteri Lavrov visita spesso il Paese, ma il fatto che non sia arrivato nessun segnale in loro favore in questi giorni è molto preoccupante per il regime.

Silenzio strategico, per così dire, anche da parte degli altri Brics, il blocco di cui l'Iran è entrato a far parte dal 1 gennaio 2024. Bisogna tuttavia sottolineare che i Brics non rappresentano un’alleanza politica bensì una piattaforma economica, che riunisce nazioni anche molto distanti tra loro.

Certo è che due settimane fa, l'ayatollah Khamenei aveva attaccato i nemici dell'Islam che maltrattano le minoranze musulmane, e tra questi aveva incluso l'India. La risposta è stata dura: "Inaccettabile, guardi in casa sua come vengono trattate le minoranze". Il Brasile non entra proprio nella partita, mentre l'Indonesia, che da anni valuta di unirsi al club dei Brics, ospita la più grande popolazione sunnita al mondo e come gli altri Paesi a maggioranza sunnita ha trovato gravissimo che l'attacco iraniano abbia messo nel mirino anche l'area di Gerusalemme, sacra per i sunniti ma poco rilevante per gli sciiti.

Insomma, nel caso in cui la guerra dovesse prendere una piega ancora più grave, non ci sarebbe nessuno, o quasi, disposto a correre in soccorso di Teheran.

Dall'altra parte, Israele che in questi mesi non è certo il più amato dalla comunità internazionale, ha incassato la condanna delle Nazioni Unite nei confronti dell'Iran (senza menzioni sulla sua condotta, una vittoria diplomatica) ma può comunque contare ancora sull’ombrello statunitense (e non solo).

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