Giornalista di Forbes arrestato in Russia: ha condiviso un articolo su Bucha

Sergei Mingazov è finito in manette con l'accusa di aver diffuso notizie false sull'esercito. Rischia dai cinque ai dieci anni di carcere. Dall'inizio della guerra, 132 persone sono già state condannate per questo reato

Giornalista di Forbes arrestato in Russia: ha condiviso un articolo su Bucha
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La tenaglia del Cremlino si è di nuovo stretta attorno alla stampa. Il giornalista dell’edizione russa di Forbes Sergei Mingazov è stato fermato nella città di Khabarovsk con l’accusa di aver diffuso notizie fasulle sull’esercito di Mosca, con l’aggravante dell’odio e dell’inimicizia.

Il legale dell’uomo, Konstantin Bubon, ha affermato che la sua unica “colpa” è di aver rilanciato sul suo canale Telegram “Khabarovskaya Mingazeta” un articolo sugli abusi commessi dai soldati di Putin a Bucha. “Hanno confiscato computer, telefoni, sia suoi che di sua moglie, e telefoni e computer dei bambini”, ha spiegato l’avvocato all’agenzia Rbc, aggiungendo che le autorità russe hanno perquisito l’abitazione di Mingazov, per poi portarlo di fronte al comitato investigativo che gli ha comunicato formalmente le accuse. Il giornalista al momento si trova in un centro di detenzione temporaneo e, entro le prossime 24 ore, i giudici dovranno decidere se formalizzare o meno l’arresto.

L’articolo del codice penale sulle fake news riguardanti l’esercito è stato approvato assieme a quello sul “discredito” delle forze armate dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. La pena massima prevista è la reclusione da cinque a dieci anni, la privazione del diritto di ricoprire determinate posizioni o di impegnarsi in alcune attività per lo stesso lasso di tempo e una multa da tre a cinque milioni di rubli. Secondo le stime di vari media internazionali, ad oggi sono 132 le persone condannate per questo genere di reati.

Per quanto riguarda gli avvenimenti descritti nell’articolo rilanciato da Mingazov, essi risalgono al periodo tra marzo e aprile del 2022. La città di Bucha, nella regione di Kiev, era finita sotto il controllo dei russi nel primo mese di conflitto. Dopo il loro ritiro, gli ucraini hanno trovato nel luogo molte vittime civili, segni di torture sui corpi e fosse comuni. Il ministero della Difesa di Mosca ha sempre negato le “presunte uccisioni” di innocenti, affermando che “nessun residente locale ha subito atti di violenza”. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, inoltre, ha ripetutamente affermato che non ci si può fidare delle testimonianze video e fotografiche dei massacri, perché gli esperti della Federazione hanno rilevato “segni di falsificazioni”, e ha definito il caso come “messa in scena magistralmente orchestrata” dalle autorità di Kiev.

Lo stesso Vladimir Putin ha dichiarato, in colloquio con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che Mosca “sa chi ha preparato questa provocazione, con quali mezzi e che tipo di persone vi hanno lavorato”.

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