Tra i monatti di Derna: "Qui è come cento Vajont"

Volontari con sacchi neri e disinfettanti tra i cadaveri ormai decomposti. "Sentiamo i telefoni tra le macerie"

Tra i monatti di Derna: "Qui è come cento Vajont"

DERNA - La camionetta della polizia arriva a sirene spiegate. I volontari in tuta bianca e mascherina, che hanno piantato le tende a ridosso della scogliera devastata, cominciano a correre e agitarsi per tirare fuori il sacco nero che nasconde l’ultimo corpo riportato a Derna dal mare.

Moderni monatti che vengono da Tripoli e fanno un lavoro ingrato, ma pietoso: recuperare i cadaveri in stato di putrefazione, che arrivano sulla costa, anche a decine di chilometri di distanza. Da scogliere e spiagge li portano in questo slargo di Derna devastata da una bomba d’acqua che una settimana fa ha travolto la città come un Vajont all’ennesima potenza. In dieci minuti arriva un furgoncino con sacchi neri o bianchi e un altro mezzo con i corpi delle vittime sbalzate dal mare. I monatti di Derna caricano a spalle i cadaveri sul ripiano aperto di un camion che si riempie in fretta. A turno spruzzano disinfettante e talvolta solo acqua sui sacchi della morte. I corpi sono gonfi dopo essere tornati a galla e spinti di nuovo verso terra dove la bomba d’acqua li aveva inghiottiti portandoli al largo. Le vittime sarebbero 11.300, solo a Derna, secondo la Nazioni Unite.

“Il maglio d’acqua è arrivato fino a 20 metri con il fango e detriti che entravano al terzo piano delle case. Accanto a questo palazzo sbrecciato c’era un altro che si è afflosciato dove viveva una signora italo libica” racconta Luigi D’Angelo, il capo squadra della Protezione civile arrivato per primo a Derna. Un albero secolare è stato sbalzato quasi sul tetto di una casa ridotta ad un groviera di macerie. E un vero fiume di morte si è infilato in città spezzando come un grissino il ponte della strada costiera. Tutt’attorno è morte e distruzione. Le automobili sono state trascinate o scaraventate in aria come macchinette giocattolo.

I 33 vigili del fuoco italiani giunti dalla Toscana e dal Lazio sono dei veterani, ma non hanno mai visto niente del genere. “Nei terremoti puoi trovare ancora qualcuno incastrato sotto la macerie, ma a Derna il tappo di fango e detriti ha lasciato poche speranze” spiega Michele Melosi.

Le squadre vanno a scavare dove c’è qualche segnalazione da parenti sopravvissuti o amici. In una casa semi sommersa da sabbia e fango hanno sputato sudore per due giorni spalando fino ad arrivare ai lettini di 9 bambini dispersi, che però devono essere stati spazzati via chissà dove. “Usiamo questa sonda, ogni 20-30 centimetri, per capire se c’è qualcosa di duro sotto o più morbido che potrebbe essere un corpo” spiega uno dei vigili del fuoco italiani. Un altro ci fa vedere cosa hanno trovato dopo ore di scavo dall’alba la tramonto: “Zainetti di bambini, quaderni di scuola, giocattoli e anche una foto di Fatima, una delle ragazzine scomparse”. Un parente prega Allah, trema e piange nascondendo gli occhi gonfi di lacrime. Un altro ci mostra la foto su Facebook dei bambini sorridenti della famiglia sterminata dall’acqua.

Una giovane donna velata entra nella sua abitazione devastata con un grosso trolley per recuperare il poco scampato alla furia del Vajont libico. “Ho perso tutto - dice con un groppo in gola - la mia casa è andata con un pezzo della mia vita”.

Il problema è la psicosi collettiva che ogni tanto esplode fra le macerie dei soccorritori più improvvisati. “Mi hanno chiamato con un telefonino da sotto le macerie. Venite ad aiutarmi a tirare fuori i sopravvissuti” chiede uno dei cittadini zombie che hanno perso l’intera famiglia. “Ho sentito una voce da questo pertugio in mezzo alle macerie” grida un altro e frotte di libici si mettono a scavare all’impazzata senza rendersi conto che solo un vero miracolo potrebbe far ritrovare qualcuno vivo una settimana dopo la bomba d’acqua.

Sullo sfondo verso il mare, fra i due spezzoni del ponte crollato, passa all’orizzonte la possente nave San Marco. Assieme alla gemella San Giorgio è stata inviata a Derna per soccorrere la città. A bordo di un mezzo anfibio facciamo la spola fra la nave e la zona di sbarco. In un giorno e mezzo la Marina militare ha portato a terra 100 tende per 1000 persone, 5000 coperte, 30 bancali di materiale sanitario oltre a mezzi di movimento terra e soccorso.

Il ventre della nave da sbarco è un via vai di aiuti impacchettati, ma pure di camion dell’esercito imbarcati sul mezzo anfibio. In mimetica blu è pronta anche una squadra del Gruppo operativo subacquei, che esploreranno il porto e cercheranno cadaveri.

“A bordo abbiamo anche due elicotteri della Marina per attività di ricerca in mare, soccorso ed evacuazione medica” fa notare il capitano di vascello Eugenio Spinacci, comandante della nave.

A terra la squadra dei vigili del fuoco della Toscana ha trovato, ieri, il primo corpo.

“Un adulto con la barba, putrefatto e difficilmente riconoscibile - spiega uno dei soccorritori - Era sepolto al terzo piano di una casa da terra, detriti ed elettrodomestici. La forza dell’acqua potrebbe averlo trascinato chissà da dove”.

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