Ricordare e non dimenticare il 7 ottobre significa anche ricordare e non dimenticare che oggi, a Gaza, sono ancora detenuti 101 ostaggi israeliani. Rapiti. Violentati. L’abitudine è un potente isolante. E ormai ci siamo “abituati” a quanto sta succedendo in Medio Oriente, forse abbiamo “superato” quel massacro trascinati dagli eventi: l’invasione della Striscia, le guerra in Libano, le tensioni con l’Iran. Eppure quelle 101 persone sono vite, sono le loro famiglie che li attendono, sono civili inermi presi in ostaggio contro ogni regola. Sono un crimine di guerra che si protrae ogni giorno e a cui, purtroppo, ormai pensiamo sempre meno.
Sono pochi quelli che, presi dai terroristi di Hamas, sono potuti tornare in Israele sani e salvi. Moran Stella Yanai è una di loro e a Quarta Repubblica, in esclusiva, ha raccontato il dramma della detenzione sotto le grinfie dei jihadisti. Quell’orrore lo rivive ogni giorno, ogni volta che viaggia, ogni volta che torna a casa: tutta la sua vita, ora, è come se fosse il “risultato di quelle azioni”. “Sono arrivata al festival musicale Nova il venerdì mattina - racconta - e dopo aver passato lì la notte, alle 6.29 hanno iniziato ad arrivare i razzi. Non potevamo andarcene. Solo qualche ora dopo sono stata informata che dovevamo scappare”. È l’inizio della fine. I terroristi irrompono al rave party pieno di ragazzi. Un fiume di odio umano si abbatte su di loro. “Nessuno era pronto. Non c’erano strumenti per affrontarli. Abbiamo provato a scappare in macchina, poi cinque ore dopo eravamo circondati e abbiamo iniziato a correre. Sentivo solo le bombe. Poi le grida in arabo. Ci siamo divisi in due gruppi, abbiamo continuato a correre. Io sono stata presa da due terroristi: volevano picchiarmi con un tubo di ferro e così ho finto di essere araba. Sono stato catturata tre volte: in due occasioni sono riuscita a manipolarli, ma la terza volta erano 13 terroristi. Non potevo difendermi”. Solo allora ha capito che il suo peggior incubo si sarebbe materializzato: “Sono stata portata a Gaza”.
È un ricordo straziante, quello che va in onda su Rete4. I terroristi “erano molto violenti”. Moran è stata “picchiata” selvaggiamente. Tanto da avere “la gamba rotta in tre punti”. Tanto da essere esposta al pubblico ludibrio, al linciaggio della gente. “Appena arrivata a Gaza il veicolo si è fermato in mezzo alla folla. Non dimenticherò mai qual momento. Ho dovuto pregare che qualcosa mi uccidesse sul colpo o che qualcuno mi salvasse dal linciaggio”. Questo è un dettaglio non di poco conto, che dimostra come in quel terribile giorno di ottobre a partecipare al massacro non siano stati solo i miliziani armati di Hamas, ma anche la popolazione civile. “Posso solo dire - sentenzia Yanai - che tutti i cittadini di Gaza, dai più piccoli ai più grandi, erano coinvolti. Erano felici. Celebravano. Uccidevano le persone. Partecipavano ai linciaggi”.
Da lì, 54 giorni di prigionia. Sette diversi luoghi di detenzione. E il timore di non poter mai più rivedere i suoi cari. “Ci minacciavano in ogni momento. Facevano guerra psicologica nei nostri confronti. Un giorno per una frase fuori posto e mi hanno puntato un fucile alla testa. Un giorno ho pianto e sono stata punita. Solo per miracolo sono sopravvissuta". Gli ostaggi psicologicamente forti cercavano di spezzarli. Quelli deboli si divertivano a sbeffeggiarli. “Un giorno ho deciso di mollare - racconta Yanai a Nicola Porro - Sentivo che era troppo per me. Mi hanno punita. E allora ho capito che volevo tornare a casa, che avevo una famiglia che mi aspettava. Solo questo mi ha tenuto in vita”.
L’unico modo per salvarsi? Convertisti all’islam.
“Ogni giorno entrava un terrorista nella mia stanza e mi leggeva dei passi del Corano - racconta Yanai - Mi diceva che se fossi diventata musulmana sarei stata trattata meglio e mi avrebbero portato in Egitto o in Iran. Il mio terrore quotidiano era di essere venduta come moglie di qualcuno. Sarebbe stato terribile e dolorosissimo”. E forse non sarebbe mai tornata a casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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