Si avvicina l’anniversario della morte di Mahsa Amini, morta il 16 settembre 2022 a Teheran dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava correttamente il velo. Il clima in Iran è rovente, i manifestanti progettano l’invasione delle piazze mentre le autorità sono pronte a rincarare la repressione. Nel frattempo, si inanellano le sentenze intimidatorie: Zaynab Kazemi, una donna che si tolse il velo durante un evento pubblico contestando l'obbligo sull'hijab nella Repubblica islamica, è stata condannata a 74 frustate da un tribunale che ha ritenuto il gesto "un'offesa alla pubblica decenza".
Secondo quanto riportato dall’agenzia degli attivisti umani in Iran (Hrana, ndr), la sentenza nei confronti della donna è stata sospesa per cinque anni ma sarà eseguita se l’ingegnere iraniana commetterà un altro crimine durante questo periodo. Per nulla intimorita dalla condanna, Zaynab Kazemi è tornata sui social network e ha rilanciato la battaglia per la libertà: “Non mi sono mai pentita di avere alzato la voce per la giustizia contro l'oppressione e ancora non mi sento pentita”, le sue parole sul suo profilo Instagram. L’episodio risale a febbraio, a un evento dell’Assemblea degli ingegneri di Teheran: la donna aveva stigmatizzato l'obbligo per le donne ad indossare il velo in pubblico in Iran. "Non riconosco un'assemblea che non permette alle donne di essere candidate se non portano il velo", il suo j’accuse togliendosi l’hijab e lanciandolo a terra.
A meno di dieci giorni dall’anniversario della morte di Mahsa Amini, in Iran la tensione è palpabile. L’intelligence di Teheran e l’unità di Intelligence delle Guardie della Rivoluzione hanno sferrato un “duro colpo” a una rete che stava organizzando delle rivolte nel Paese tramite seminari on-line gratuiti per attivisti della società civile e per i diritti delle donne. Secondo quanto riferito da Irna,"un membro del gruppo che vive all'estero e altri membri della rete stavano costruendo una rete di donne per pianificare le rivolte" con il sostegno del dipartimento di Stato statunitense e l'assistenza delle organizzazioni, con sede negli Stati Uniti, 'Freedom House’ e 'The Nonviolent Initiative for Democracy'.
Un altro caso che ha acceso il dibattito in Iran è legato all’arresto del cantante Mehdi Yarrahi. Come evidenziato da Newarab, l’artista è stato fermato e portato in carcere per il suo ultimo brano, reo di commemorare l’anniversario delle proteste anti-establishment seguite alla morte di Mahsa Amini. La canzone – titolo “Roosarito”, ossia “Il tuo velo” – è dedicata a “tutte le donne della mia terra natale, che brillano coraggiosamente in prima linea per il movimento ‘donne, vita, libertà’”.
Yarrahi è stato accusato di “pubblicare contenuti osceni e volgari” e di “incoraggiare il pubblico all'immoralità e alla depravazione”, nonchè di “propaganda contro l'establishment”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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