L'Ungheria gela le speranze della Salis. "L'Italia deve darci il suo compagno"

Doccia fredda dalla procura di Budapest. I pm chiedono l'estradizione di Gabriele Marchesi. E per Ilaria domiciliari più lontani

L'Ungheria gela le speranze della Salis. "L'Italia deve darci il suo compagno"
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Se ci si aspettava dall`Ungheria una mossa che distendesse il clima intorno al caso di Ilaria Salis, l`antagonista detenuta da oltre un anno in carcere a Budapest, ci si illudeva. Ieri dalla magistratura ungherese arriva una mossa che rende tutto più complicato: i giudici di Orban sposano la linea dura, e oltre alla Salis chiedono di mettere in carcere anche Gabriele Marchesi (nella foto sotto), il compagno accusato di avere partecipato insieme a lei a agguati ed aggressioni nel febbraio dello scorso anno. Se l`Italia lo consegnasse all`Ungheria, dice la lettera arrivata ieri a Milano, lì non gli verrebbero concessi gli arresti domiciliari e verrebbe spedito direttamente in cella. È una doccia fredda anche per la Salis, che stava cercando - per ora senza successo - un appartamento in affitto a Budapest con la speranza di potervisi trasferire agli arresti.

Gabriele Marchesi
Gabriele Marchesi

Invece niente da fare. La linea della fermezza, motivata con le «circostanze cospirative altamente organizzate» dell`aggressione compiuta ai danni di alcuni militanti di destra, è enunciata nella lettera arrivata ieri alla Corte d`appello di Milano, chiamata a decidere sulla consegna all`Ungheria di Gabriele Marchesi, che attualmente si trova agli arresti domiciliari a Milano. Nell`udienza del 13 febbraio scorso la Procura generale di Milano aveva chiesto di respingere la richiesta di estradizione dell`estremista, spiegando che non vi erano sufficienti garanzie di un trattamento carcerario rispettoso dei diritti umani, e di liberare il giovane. La Corte si era mostrata meno compassionevole, e aveva fatto presente che «il dovere dell`autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione», ovvero l`Italia «è dare esecuzione a qualunque mandato di arresto europeo sulla base del principio di mutuo riconoscimento». «L`interpretazione delle norme non può avere per effetto - avevano aggiunto i giudici milanesi - la sistematica violazione e una sostanziale impunità».

Per questo la Corte aveva deciso di tenere Marchesi agli arresti e nel frattempo per uscire dall`impasse aveva chiesto alla magistratura ungherese se fossero possibili altre soluzioni, come la estradizione di Marchesi in Ungheria con la garanzia che gli venissero concessi anche lì i domiciliari. Se si fosse arrivati a quella soluzione per Marchesi, anche per la Salis si sarebbe potuta seguire la stessa strada.

La risposta degli ungheresi è arrivata ieri ed è netta: «non ci si aspetta l`osservanza spontanea delle norme che sarebbe condizione fondamentale per l`applicazione di una misura coercitiva meno severa dell`arresto», si legge, visto che Marchesi «è partito per un luogo sconosciuto dopo aver commesso il reato e la sua effettiva dimora, abitazione, mezzi di sussistenza ed esistenza nel suo Paese sono sconosciuti». In realtà, «dimora e abitazione» milanesi di Marchesi sono ben noti, anche perché il 23enne anarchico vi si trova ai domiciliari. Così la risposta secca arrivata dall`Ungheria appare più come una chiusura di principio ad una fuoriuscita soft della vicenda. Per la magistratura ungherese Salis, Marchesi e i loro complici (tra cui un altro italiano, R.A., piemontese) non sono dei pacifici militanti antifascisti ma un gruppo di criminali che per ragioni ideologiche hanno aggredito vittime indifese con conseguente «potenzialmente mortali», e il loro posto è il carcere.

Una fermezza che sembra lasciare poco spazio anche ai cauti tentativi del governo italiano per una mediazione. Marchesi, a questo punto, quasi sicuramente non verrà estradato in Ungheria. Ma le conseguenze le pagherà la Salis, le cui chance di lasciare in tempi brevi il carcere appaiono allontanarsi.

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