Nella Zombieland d'America: dove l'eroina trasforma tutti in morti viventi

Kensington Avenue, a Philadelphia, è una delle piazze di spaccio più grandi del Nord America. Dai fasti di inizio secolo all'incubo dell'eroina: ecco come è diventata un inferno

Nella Zombieland d'America: dove l'eroina trasforma tutti in morti viventi

All’inizio lungo Kensington Avenue c’erano soprattutto polacchi, irlandesi e tedeschi. Poi è arrivata la crisi industriale che ha cambiato tutto e aperto le porte allo spaccio. La droga ha creato una spirale sempre più cupa e negativa che in mezzo secolo ha inghiottito una fetta di Philadelphia. Oggi quella via rappresenta la terra perduta d’America, una Zombieland fatta di tossicodipendenti dallo sguardo perso e l’anima evaporata in quella che la Dea ha ribattezzato come "una delle piazze di spaccio più grandi del Nord America".

Ciclicamente i video da quella via della città che salutò la dichiarazione d’indipendenza fanno capolino sui media. Persone piegate in due in preda ad allucinazioni, bivacchi in pieno giorno sui marciapiedi e spacciatori in ogni angolo. Uno scenario da apocalisse che nessuno ad Hollywood è mai riuscito a immaginare con questa straziante lucidità. L’ultimo tour in ordine di tempo è stato quello di Vivek Ramaswamy, candidato alle primarie repubblicane “più a destra di Trump”, che ha fatto un giro per Kensington denunciando il degrado.

L’atmosfera che si respira in quel fazzoletto d’America è surreale. Una striscia di asfalto coperta da una sopraelevata rivela una lunga schiera di case fatiscenti a due piani, intervallate da fabbriche abbandonate, in un quartiere puntellato di rosticcerie da asporto cinese da pochi dollari, banchi dei pegni, punti in cui incassare assegni e fatiscenti pub irlandesi. Come ha raccontato il New York Times in un lungo reportage, le vetrine dei negozi sono capeggiate da annunci di persone scomparse. Nei dintorni un esercito di spacciatori puntella la via principale, le traverse e le piazze e offre la merce mortale, in molti casi addirittura distribuendo campioncini gratuiti. Nel mezzo ci sono gli zombi, persone perse a fumare crack da una pipetta di vetro, altre intente a consumare metanfetamine o eroina. In pieno giorno si vedono persone con aghi alle braccia, al collo o tra le dita dei piedi. Molti sono quelli collassati, tanti quelli in cerca dell’ennesima dose. Eppure lungo la Kensington Avenue non è sempre stata così.

Dagli anni d’oro al collasso

Gli anni d’oro di Kensington sono durati relativamente tanto. Secondo gli storici per un periodo che va dalla seconda metà dell’800 fino agli anni ’50 del '900. Quella zona della città ospitava migranti di origine caucasica provenienti dall’Irlanda e dall’Europa centrale. Per diverso tempo, a cavallo dei due secoli, l’area è stata un vivibile quartiere per colletti blu. Una parte degli immigrati europei andava a nutrire la folta schiera di operai della fiorente industria pesante statunitense, un’altra rappresentava il tessuto cittadino di piccoli artigiani, fatti di produttori di utensili, cappelli, pizzi o sigari. Poi sono arrivate due crisi a spaccare l’idillio.

La prima iniziata negli anni '20 con l’immissione nel mercato di prodotti a basso costo che hanno distrutto l’artigianato. Poi negli anni ’50 è stato il turno della grande migrazione interna, quella che ha portato milioni di afroamericani a lasciare il Sud per cercare fortuna a Nord, in particolare in quelle fabbriche del Mid-West che promettevano un lavoro sicuro e ben pagato. Il travaso fu la base di disordini razziali, incendiati anche dall’arrivo dei portoricani. In mezzo un lento e irreversibile processo di deindustrializzazione distrusse il resto dell’economia locale.

In un paio di decenni, alla fine degli anni ’60, Kensington si è trovata con i bianchi in fuga nei sobborghi, più ricchi e sicuri, una popolazione a maggioranza nera e ispanica in un’area ormai abbandonata e post industriale con oltre 30 mila edifici abbandonati. Un processo sociale non governato che ha tagliato fuori l’intero quartiere dal resto della città. E così magazzini e fabbriche abbandonate sono diventati il luogo perfetto per la nascita di una piazza dello spaccio. Un mix accelerato dalla vicina linea ferroviaria e all’innesto con autostrade che collegano il Nord-Est del Paese con gli Stati Uniti centrali.

kensington

L’arrivo della droga

La droga è arrivata presto a Kensington. John Machen, ex tossico sentito dal Philadelphia Inquirer, ha raccontato di essere stato uno dei primi: “I primi eroinomani come me sono spuntati verso la fine del 1968”. Da quel momento la droga non ha più abbandonato quei vicoli e quelle strade. Come dimostra la storia stessa di John, che qualche anno fa ha perso la figlia Stephanie (25 anni) per un'overdose dovuta a un mix tra eroina e fentanyl.

Il mercato ha conosciuto padroni e fasi diverse, ma mai un declino. Gli anni ’70 sono stati dominati da gang irlandesi e italoamericane con sostanze provenienti soprattutto dal triangolo d’oro del Sud-Est Asiatico. Poi, verso la fine del decennio, è arrivata sulla piazza la cocaina, come ha raccontato l’antropologo esperto di mercati sommersi Philippe Bourgois. La polvere bianca ha fatto capolino negli anni ’80 grazie a un’alleanza tra colombiani (capitanati da Pablo Escobar) e gruppi afroamericani del crimine organizzato. Il nuovo tessuto sociale ricco di ispanici ha favorito fin da subito l’arrivo di cocaina sudamericana, considerata molto più pura di quella asiatica e oltre 200 volte più economica.

Alla fine del decennio un’altra svolta: il crack. Le strade di Kensington vengono invase dal nuovo mix di coca e bicarbonato che devasta ancora di più i tossicomani. È in quel momento che il quartiere guadagna il triste soprannome di “Badlands”. Lo scatto vero nell’immaginario globale del quartiere arriva all’inizio degli anni ’90 quando i colombiani, le gang domenicane e i cartelli messicani fanno affluire una nuova qualità di eroina, un oppioide talmente puro da poter essere sniffato. Poi il quartiere è rimasto inglobato nel nuovo dramma dell’America moderna, la vasta crisi degli oppioidi.

Il mercato della droga

La piazza del quartiere è fiorente e si riempie di nuovi clienti. Per le vie arrivano migliaia di persone in cerca di eroina a basso costo che sostituisca le pillole antidolorifiche come l’Oxycontyn. L’ultimo scalino verso l’inferno arriva con qualcosa di terrificante che ha fatto precipitare tutto: il fentanyl. L’oppioide sintetico, che innonda gli Usa dal Messico grazie alle forniture cinesi, fa arrivare morti e tassi di mortalità a un punto forse mai raggiunto.

Gli ultimi dati disponibili parlano di circa 1.300 morti per overdose nell’area di Philadelphia nel 2021. La contea che ospita la città ha il tasso più alto di morti per droghe rispetto alle 10 contee più popolose d’America. Secondo il dipartimento di Salute pubblica dell’amministrazione locale, oltre 75 mila residenti nella città consumano eroina e altri oppioidi. L'ultimo incubo in ordine di tempo è lo strano mix tra fentanyl e xilazina, un potente sedativo per animali, che letteralmente paralizza e "piega in due", i tossicomani.

L’intera “industria” di Kensington viene alimentata dai “turisti della droga”, persone che arrivano dagli Stati vicini come New Jersey, Delaware, Virginia e Maryland. Ma non solo. C’è anche chi arriva da lontano, dal Massachusetts al Texas. Alcuni fanno i pendolari, altri arrivano e finiscono per restare inghiottiti, lottando fino all’ultima dose.

Quella di Kensington è una piazza in cui girano moltissimi soldi. Il singolo shot è economico, costa 5 dollari, e gli spacciatori, primo anello della lunga filiera, girano con pacchetti da 16 dosi che posso essere acquistati per 80 dollari. Un singolo isolato, block, può arrivare a fruttare 60 mila dollari al giorno di eroina che in proiezione vuol dire 21 milioni di dollari l'anno. Josh Shapiro, oggi governatore della Pennsylvania e fino a qualche anno fa procuratore dello Stato, ha stimato che il mercato di Kensington possa valere qualcosa come un miliardo di dollari l’anno.

L’intera struttura dello spaccio viene regolata da una forma piramidale. Alla base ci sono gli spacciatori, spesso già tossicodipendenti, poi i supervisori del blocco, gli appaltatori che gestiscono parti del quartiere e quelli che regolano gli arrivi delle forniture. Secondo la polizia, in poco meno di 2 miglia di Kensington Avenue ci sarebbero almeno 80 “angoli” con mercati della droga a cielo aperto.

Gli ingranaggi dell’economia della droga

Il mezzo secolo di spaccio ha riscritto il Dna del quartiere e reso l’economia informale (e illecita) il centro di tutto. La compravendita di droga rappresenta per i residenti l’unico lavoro in un luogo dimenticato da tutti, senza ormai alcun tipo di tessuto produttivo. Un giovane senza prospettive, ha spiegato Bourgois, è praticamente costretto a “lavorarci”. In tutta l’area il reddito mediano è sotto i 17mila dollari l’anno: giusto per avere un’idea basti pensare che il valore mediano a livello nazionale è di 69 mila dollari. Metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. I livelli di istruzione sono bassissimi e gran parte degli under 20 non ha nemmeno una licenza superiore.

In questo scenario non sorprende che anche i bambini giochino un macabro ruolo, spiega ancora Bourgois. Molti di loro per pochi dollari fanno da palo avvisando i responsabili dei blocchi dell’arrivo della polizia. Analogamente c’è chi si arrangia. Ad esempio chi può spaccia aghi puliti. Nell’area operano associazioni che forniscono gratuitamente aghi ai tossicodipendenti, seguendo un programma avviato tra la fine degli anni’80 e inizio anni ’90 per ridurre la diffusione dell’Aids. Così chi riesce a conservare un briciolo di lucidità si mette in fila per avere gli aghi e poi li rivende a 2 dollari.

Ovviamente l’intero sistema non si regge secondo leggi della domanda e dell’offerta. Si appoggia alla violenza e da sempre il quartiere vive ondate di violenza armata. Da un lato si tratta di regolamenti di conti per il controllo del territorio, dall’altro di residenti che prendono di mira gli spacciatori quando la situazione diventa insostenibile. Nel 2020, durante il pieno della pandemia, le sparatorie lungo la strada sono state quasi 263, di cui 47 fatali e nei due anni successivi non è andata meglio: 244 nel 2021 e 269 nel 2022.

L’incubo senza fine

Per molti Kensington rappresenta un inferno in terra, un labirinto senza via d’uscita. Tra i “turisti” della droga si trovano anche diversi veterani. Alcuni hanno alle spalle un pugno di missioni tra Afghanistan e Iraq. Il Times, percorrendo la Avenue, ha raccolto ad esempio la storia di Mark, ferito da uno Ied in Iraq, ha sviluppato forti dolori e una conseguente dipendenza da antidolorifici. Nel tempo è stato sempre più difficile procurasi le pillole e alla fine è passato all’eroina. “Io e la mia ragazza siamo tossici”, ha raccontato, “siamo partiti dal Nord per cercare qualche centro di riabilitazione a sud, più economico, magari in Nord Carolina”. Lungo la strada una tappa a Kensington, con conseguente consumo di eroina mischiata al fentanyl: “Mai stato così male in vita mia. So”, ha aggiunto, “che rischio di non andarmene più via”.

Per molti che muoiono di overdose, ce ne sono altri che continuano ad andare e venire.

Jax, che si prostituisce per pochi dollari, ha raccontato al Nyt come nel giro di due settimane sia finita in overdose almeno nove volte e che ogni volta l’effetto sia stato interrotto con una spruzzata di naloxone, un farmaco potente che è in grado di invertire gli effetti della dose mortale. “A volte vorrei non sopravvivere”, racconta con sguardo perso, “vorrei mi lasciassero morire”.

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