Cara Paoletta,
non ho mai nascosto la mia avversione nei confronti del mare, nelle cui acque non mi immergo per questioni di igiene. Le stesse che mi impediscono di nutrirmi di pesce, che vive in mare e delle deiezioni dell'umanità quindi si nutre, suo malgrado. Ma il luridume che possiamo trovare nei mari è nulla rispetto a quello che si concentra nella Senna, su cui si affaccia un'area metropolitana, quella parigina, popolata da oltre dodici milioni di persone. Sappiamo che è stato investito oltre un miliardo di euro per rendere quel corso d'acqua balneabile e permettere dunque agli atleti di gareggiare senza porre in pericolo la loro salute. Tuttavia tale investimento non è servito e non mi capacito di come gli organizzatori abbiano potuto prima sospendere le competizioni, proprio a causa dell'inquinamento del fiume, e poi, all'improvviso, autorizzarle, come se la Senna non fosse più avvelenata e contaminata da un giorno all'altro, anzi da un'ora all'altra. È stato tutto un bluff, una farsa. Davvero crediamo che la Senna fosse divenuta repentinamente pulita, battericamente pura? Buonsenso e logica ci impediscono di convincercene. Non è una questione di cattiva fede. Del resto, gli effetti della immersione azzardata si sono manifestati subito e non si tratta mica di supposizioni. Numerosi sono gli sportivi che hanno sofferto di nausea, vomito, dissenteria e qui mi fermo. Il canadese Tyler Mislawchuk, come tu riporti, ha avuto ripetuti conati di vomito davanti alle telecamere. I racconti di chi è stato in acqua sembrano tratti da un film dell'orrore. C'è chi dice di avere visto cose impossibili da spiegare, c'è chi dice di volere dimenticare. Io non voglio apparire esagerato ma ritengo che questi atleti abbiano subito una violenza: essi sono stati costretti a scegliere tra la partecipazione alla competizione dei loro sogni e la loro salute. Una scelta che, sebbene per motivi diversi, ha dovuto compiere anche la nostra campionessa di boxe femminile Carini, che ha deciso di non battersi contro l'avversario algerino, di fatto uomo.
Tornando agli atleti che sono entrati nelle acque della Senna, essi hanno subito anche un danno, o almeno un danno potenziale: basta una linea di febbre o un indebolimento anche soltanto leggero per compromettere l'esito di una gara. E in questo caso le ripercussioni di una sconfitta o di una performance modesta, dovuta ad un malessere momentaneo, dal punto di vista professionale e finanziario sono devastanti. Avrebbe dovuto essere in vigore un divieto di balneazione, essendo quelle acque cariche di batteri fecali e di agenti chimici concentrati, elementi che procurano, quando tutto va bene, gastroenteriti in forme acute, con sintomi quali febbre, nausea, vomito, dissenteria, dolori muscolari, crampi e spasmi addominali, spossatezza, abbattimento. Altri rischi, stando ai medici, sono eruzioni cutanee, infezioni della pelle, degli occhi. Senza considerare gli effetti nocivi che si manifesteranno più avanti, magari dopo un periodo di incubazione dei virus.
Di tali pericoli sono ben coscienti gli organizzatori, i quali, tuttavia, per esigenze di organigramma hanno trascurato il dovere supremo di tutelare la salute pubblica, ovvero la salute di centinaia di sportivi, i quali hanno fatto il bagno nella fogna e inevitabilmente ingerito quell'acqua tossica. Queste Olimpiadi sono state disastrose. Auguriamoci soltanto che gli atleti del triathlon, i quali sono venuti a contatto con il putrido fiume francese, più avanti non contraggano morbi ancora più complessi di una gastroenterite.
Penso proprio che la Francia, che pure pare soffrire di una irrimediabile sindrome di superiorità, non possa dare lezioni di rispetto, di igiene e di civiltà ai suoi vicini.
Basti tenere conto del fatto che i francesi, che pure sembra abbiano inventato il bidet, non lo adoperano, tanto che le abitazioni ne sono sprovviste. Insomma, è più facile beccarsi il colera nella Senna che trovare un bidet a Parigi.
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