Proibisce l'abaya a una studentessa. Preside minacciato di morte in Francia

Il padre della ragazza in custodia dalla polizia per le intimidazioni al dirigente scolastico. Il divieto del governo sancito anche dalla Corte

Proibisce l'abaya a una studentessa. Preside minacciato di morte in Francia
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Ha negato i fatti, parla di malinteso. Ma il papà della ragazzina a cui giovedì mattina era stato rifiutato l’accesso al liceo Ambroise-Brugiére di Clermont-Ferrand è stato comunque piazzato in stato di fermo: e sarà processato a fine ottobre. Rischia fino a cinque anni di prigione e una maxi multa.
L’accusa è gravissima: minaccia esplicita di morte al preside del plesso.
È l’ennesimo caso: di legge dello Stato non riconosciuta da certi musulmani. Ma il primo dell’anno scolastico appena iniziato a scuotere una Francia già provata dalla memoria dall’uccisione di Samuel Paty, il prof punito dal mondo islamico francese per una lezione sul concetto di libertà d’espressione tre anni fa. Da lunedì, l’Esagono è infatti alle prese col nuovo divieto d’accesso nelle classi per chi indossa l’abaya. Da quando è in vigore sono iniziati i problemi: perché i duri e puri sono stati stanati. Il Consiglio di Stato ha dato ragione all’esecutivo e al ministro dell’istruzione, Gabriel Attal, che ieri ha parlato di «minacce inammissibili e inqualificabili», chiarendo che si va avanti così: «È la legge, nient’altro che la legge».
Scioccato, ha dato pubblico appoggio al preside. Era stato lui, infatti, a inviare da ministro a tutte le scuole indicazioni chiare: chi indossa l’abaya, resta fuori. Nessuno pensava però che si potesse arrivare all’ennesima minaccia di decapitazione, rivolta al telefono da un genitore musulmano praticante.
Agli inquirenti, l’indagato ha dato una personalissima lettura dei fatti. L’accusa è chiara: minaccia «tesa a intimidire una persona responsabile di una missione di servizio pubblico».
Più precisamente, di «decapitazione», gridata dalla cornetta di casa al dirigente scolastico, reo di aver fatto applicare la nuova circolare del ministero.
Secondo il governo, l’abaya è un segno ostentato di appartenenza religiosa che confligge con la laicità d’Oltralpe. Nessuno pensava però che si potesse arrivare al paventato taglio della gola, dopo quello che la Francia aveva già passato e con le lezioni che durante lo scorso anno scolastico si erano tenute sulla laicità. Il divieto ha stanato i più reticenti al rispetto delle leggi della Rèpublique.
Già l’anno scorso, una dozzina di ragazze delle scuole superiori che indossavano l’abaya erano state identificate in questo liceo di Clermont che conta 1.300 studenti. Ma il divieto era ancora ambiguo e non applicabile. A ottobre, circa 150 studenti avevano manifestato davanti all’istituto per chiedere la libertà di indossare abiti religiosi. Poi Attal ha parlato chiaro: nero su bianco, l’abaya «non ha posto nelle scuole francesi». Né in città né nelle banlieues. Dopo il caso di questo genitore, tutto il governo si è schierato per una risposta penale rapida. L’uomo, in attesa del processo, sarà piazzato sotto controllo giudiziario col divieto di presentarsi davanti ai plessi scolastici. Sarà giudicato a fine ottobre. Le prime tensioni c’erano state già lunedì. La figlia si era rifiutata di togliersi l’abaya prima di entrare, dal primo giorno di scuola (e di divieto). Era stata ricevuta dal preside per un confronto, accompagnata dal padre, giudicato già molto «teso». Ma nessuno si aspettava una telefonata con la minaccia di taglio della gola. Lunedì 300 studentesse si sono presentate in abaya: 67 si sono rifiutate di rimuoverla.

Ieri sul posto, oltre al ministro Attal, anche il presidente della regione Auvergne -Rhône-Alpes Laurent Wauquiez: insieme hanno parlato di «incrollabile fermezza» delle autorità contro chi attenta alla laicità e ai valori della République.

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