Trappola o patto con gli Usa: cosa c'è dietro l'arresto di due leader dei narcos di Sinaloa

Ismale "El Mayo" Zambada e Joaquín Guzmán sono stati fermati in Texas. Vi sono varie teorie dietro al loro arresto, che vanno dall'agguato dei federali al patto stretto con le autorità Usa da uno di loro o da entrambi

Trappola o patto con gli Usa: cosa c'è dietro l'arresto di due leader dei narcos di Sinaloa
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Le autorità statunitensi hanno arrestato in Texas Ismael “El Mayo” Zambada e il figlio di El Chapo, Joaquín Guzmán, entrambi leader del cartello di Sinaloa da decenni. I due sono finiti in manette giovedì 26 luglio e, come affermato dal procuratore generale Merrick Garland, “dovranno affrontare molteplici accuse per aver guidato le operazioni criminali del cartello, tra cui le sue letali reti di produzione e traffico di fentanyl”.

Intanto, si stanno formulando le prime teorie sul “perché” la loro cattura sia avvenuta e, soprattutto, su chi andrà a colmare il vuoto lasciato da Zambada e Guzmán. La storia messicana, infatti, insegna che dietro all'arresto o all’uccisione di un membro di spicco delle potenti organizzazioni criminali del Paese c’è sempre una rete di depistaggi, mezze verità, bugie e sviluppi simili a quelli di una spy story. Il Corriere della Sera ha tracciato quattro possibili scenari, il primo dei quali è il più semplice e diretto: i due leader del cartello sono finiti in una trappola dei federali americani e, a bordo di un bimotore Beechcraft, sono finiti nell’aeroporto di Santa Teresa in New Mexico, poco distante da El Paso.

Il secondo scenario vedrebbe un accordo tra Joaquín e le autorità statunitensi. La scelta di collaborare non è rara tra i pezzi grossi dei cartelli messicani, i quali temono di passare il resto della loro vita in un carcere di massima sicurezza. Secondo questa teoria, Guzmán avrebbe convinto Zambada ad accompagnarlo in un viaggio per visitare una proprietà da acquistare. Il bimotore, però, avrebbe fatto rotta per lo scalo americano una volta che entrambi sono saliti a bordo. Nelle stesse ore, la Giustizia statunitense ha rilasciato un altro figlio di El Chapo, Ovidio Guzmán, considerato il meno sveglio del clan ma un’ottima pedina di scambio.

La terza ipotesi vedrebbe un patto anche tra “El Mayo” e le autorità americane. Zambada, infatti, è un personaggio astuto, un grande mediatore che ha sempre tenuto un basso profilo. A febbraio, era stata segnalata la presenza di suo figlio negli Stati Uniti, mandato forse in avanscoperta per tastare il terreno in vista di un possibile accordo con Washington. Secondo alcune fonti, Zambada temeva di finire in un carcere messicano, dove sarebbe un “re” circondato dai propri uomini, ma anche un bersaglio visto quanto sa su collusioni, amicizie e favori vari.

Il quarto scenario tracciato dal Corriere evidenzia chi ci guadagnerà dall’arresto dei due leader del cartello.

L’amministrazione democratica di Washington, sotto accusa per la gestione del confine, potrà sventolarli come un trofeo, mentre dal lato messicano, secondo diversi osservatori, l’uscita di scena di Zambada e Guzmán sarà sfruttata da altri membri della famiglia di El Chapo, in particolare Ivan Archivaldo, considerato una delle figure più importanti del cartello.

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