È una storia che spezza il cuore quella del volo First Air 6560. Spezza il cuore perché è percorsa dalla domanda: quella tragedia poteva essere evitata? Le indagini hanno stabilito che il disastro sarebbe stato causato da un errore umano, che avrebbe innescato una serie di reazioni a catena. Il vettore aveva a bordo 15 persone, tra cui 4 membri dell’equipaggio: 12 di loro persero la vita. Tuttavia questa tragedia contribuì a migliorare, anzi quasi a perfezionare, la sicurezza aerea in Canada.
Il volo e l’incidente
È il 20 agosto 2011, il volo First Air 6560, un Boeing 737-210C, vola da Yellowknife a Resolute Bay in Canada, trasportando esseri umani e merci. La partenza avviene alle 9.40 ora locale, il capitano si chiama Blair Rutherford, mentre il pilota di monitoraggio è David Hare. Entrambi hanno ricevuto un rapporto che indicava un peggioramento delle condizioni meteo, tuttavia, insieme con l’equipaggio, hanno deciso di non effettuare deviazioni. Il tragitto in sé non evidenzia nessun problema, ma alle 11.41 il vettore vira per allinearsi alla pista dell’aeroporto di Resolute Bay: c’è però troppo vento, troppa nebbia. Così l’aereo si dispone parallelamente alla pista di atterraggio, schiantandosi al suolo pochissimo dopo un go-around, rompendosi in tre sezioni e prendendo fuoco.
I soccorsi
Nei pressi dell’incidente aereo si trovavano i militari dell’operazione Nanook con i loro radar e le strutture antincendio temporanee che solitamente non erano posti in zona: i soldati credettero si trattasse di un’esercitazione incredibilmente realistica (si stavano appunto addestrando per i casi futuri di disastri marittimi o aerei), intervenendo comunque tempestivamente e scoprendo come invece si trattasse di un reale incidente.
Le vittime e i sopravvissuti
Come detto, le vittime del volo First Air 6560 furono 12 su un totale di 15 persone a bordo, equipaggio compreso, ed erano tutte di nazionalità canadese. ItcNews ha ricordato le storie di alcune vittime. Una di esse, per esempio, era lo scienziato Marty Bergmann, direttore del programma Polar Continental Shelf di Natural Resources Canada. Un altro si chiamava Chesley Tibbo e nel 2008 era sopravvissuto a un altro incidente aereo: quel giorno era invece il suo compleanno, ed era di ritorno dal funerale della sorella a Terranova. Tra i morti c’era una bambina di 6 anni, Cheyenne Eckalook, inseparabile con la sorella Gabrielle Pelky, di un anno più grande: quest’ultima è invece sopravvissuta, insieme con due altre persone, la 23enne Nicole Williamson (che riportò un piede schiacciato e un bacino fratturato, restando lucida e ricordando tutto l’accaduto) e la 48enne Robin Wyllie (che aveva riportato ferite gravi). Pelky, che aveva una gamba rotta, fu soccorsa da Williamson e le disse candidamente: “Questo è stato il mio primo incidente aereo”.
Le conclusioni delle indagini
Il Boeing 737-210C possedeva una dotazione che lo rendeva capace di atterrare su piste non asfaltate, ma non fu quella dotazione a non funzionare: in realtà, come avrebbe stabilito il Transportation Safety Board of Canada a gennaio 2012, non si erano registrati problemi nella manutenzione dell’aereo. Né il sistema di atterraggio strumentale dell’aeroporto aveva riscontrato malfunzionamenti, dato che era stato utilizzato da un altro velivolo una ventina di minuti dopo lo schianto.
L’indagine ha stabilito finalmente nel 2014 che le responsabilità erano da addebitare alla decisione tardiva dell’equipaggio di iniziare la discesa: il carico di lavoro, gravato peraltro dal vento così come la velocità e quindi la perdita di quota, ha influenzato le prestazioni dell’equipaggio e il tracciamento corretto dei parametri. Il pilota automatico che ha effettuato l’avvicinamento era impostato in maniera corretta, ma si è disinserito durante la virata. Intanto invece il sistema di orientamento era stato impostato in modo errato e non era stato ricalibrato - cosa necessaria quando ci si trova tanto vicini al Polo Nord, per via dei fenomeni legati al magnetismo - alterando così la percezione in merito alla pista. Solo troppo tardi il sistema di avviso di prossimità suolo, e quindi il go-around non è stato sufficiente a evitare la collisione. In altre parole si è trattato di un errore umano.
A questo si deve aggiungere un problema di comunicazione tra Rutherford e Hare. Quest’ultimo avrebbe notato infatti che qualcosa non andava per il verso giusto, arrivando a usare il nome di battesimo del collega per attirare la sua attenzione: “Blair, non mi piace”. Tuttavia forse i suoi dubbi sono stati sottovalutati nella concitazione del momento, come riporta Medium, sebbene Hare avrebbe potuto agire in autonomia, effettuando il go-around in prima persona quando fosse stato necessario.
Molte cose sono cambiate, con la speranza, parafrasando le parole di Pelky, che quel primo incidente aereo potesse essere l'ultimo almeno in Canada. Dopo il disastro del volo First Air 6560 infatti, la compagnia ha stabilito che qualunque membro dell’equipaggio possa effettuare un go-around in qualsiasi momento.
Inoltre ha implementato la chiarezza delle linee guida, la formazione sull’utilizzo del pilota automatico, la procedure di controllo e la manutenzione del registratore dei dati di volo. Tanto che, al netto della perfettibilità, non ci sono stati da allora incidenti aerei tanto gravi in Canada.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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