Lettera a Enea, il bambino (per Grazia) nato

Caro Enea, sei appena arrivato e hai già conosciuto il distacco e il dolore. Ma, forse, sei stato anche fortunato

Lettera a Enea, il bambino (per Grazia) nato

Caro Enea,

sei appena arrivato e hai già conosciuto il distacco e il dolore. Ma, forse, sei stato anche fortunato. La tua mamma è stata coraggiosa a tenerti con sé nove mesi. Avrebbe potuto sbarazzarsi di te, farti fuori quando eri ancora piccino. Un grumo di cellule, dicono i "buoni". Un bambino fatto e finito, per i "cattivi". Eppure la tua mamma ha deciso di portarti in grembo, sapendo che, finito il suo compito, ti avrebbe dovuto lasciare andare. Non sai il perché. Nessuno lo sa. Solo lei potrà, forse, dirtelo un giorno se mai vi incontrerete di nuovo. Nessuno può sapere cosa può spingere una madre a lasciare, pochi giorni dopo il parto, il proprio figlio in una Culla per la vita, moderna ruota degli esposti. È stata coraggiosa, Enea. Primum vivere deinde philosophari, dicevano gli antichi. Prima si deve portare a casa la pelle e, solo dopo, ci si può mettere a fare della filosofia. E tu lo hai fatto. La tua mamma, insieme al tuo papà, l'hanno fatto. E devi ringraziarli.

Ora sei troppo piccolo per capire. I tuoi occhi si stanno abituando alla luce del sole che, finalmente, sta scaldando Milano. Nelle narici entra l'aria che ti dà vita. Forse stai cercando quegli occhi ai quali ti stavi cominciando ad abituare. Forse le tue orecchie sono alla ricerca di quella voce che non dimenticherai mai e che ti scalderà per sempre il cuore. Chissà.

Enea, tu non sei un bambino di oggi. Sei nato in un tempo sbagliato ma sei nato per davvero. Per un attimo, ci hai riportato nel Medioevo dove chi non voleva o non poteva crescere un figlio lo affidava alla ruota degli esposti. Erano i secoli bui, quelli. O almeno così ci hanno detto. Ogni città e ogni villaggio avevano una ruota che, silenziosamente, faceva il proprio dovere. Raccoglieva il fagottino che le veniva affidato e dall'altra parte, mani più o meno amorevoli, lo accoglievano. E gli salvavano la pelle. Poi è arrivato l'Illuminismo, a braccetto con il progresso e la libertà, e decise di abolire le ruote. Sulla terra cominciavano ad esserci troppe persone e troppi indigenti. Costavano troppo. Era dunque meglio eliminarli quando erano ancora piccoli. Addio ruote, addio bambini.

Hai un nome importante, Enea. Hai il nome di un eroe. Di uno che, mentre la città in cui era nato e cresciuto stava bruciando, ha avuto la forza di prendere con sé il proprio figlio e il proprio padre per salvarli. Non sapeva dove andare. Sapeva solo che lì non poteva più stare perché, altrimenti, sarebbero stati tutti ammazzati. E così ha preso armi e bagagli e si è messo alla ricerca di un mondo nuovo, passando tra mille pericoli. Alla fine ce l'ha fatta. È arrivato in Esperia, la terra d'Occidente che oggi chiamiamo Italia, dove anche tu sei nato e che, a leggere i giornali, ti ha già adottato.

Quando, in pieno Covid, è nata la mia seconda figlia, Maria, io e la sua mamma abbiamo deciso di annunciarlo con una frase de Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien (un autore che spero possa piacerti quando sarai più grande): "Il mondo è davvero pieno di pericoli, e vi sono molti posti oscuri; ma si trovano ancora delle cose belle e, nonostante che l'amore sia ovunque mescolato al dolore, esso cresce forse più forte".

Ci vorrà del tempo prima che tu possa leggere questa frase. Ma tu, con i tuoi 2,6 chili, hai già messo in pratica tutto. Hai già vissuto e fatto vivere l'amore mischiato al dolore. Ma hai saputo farlo crescere a dismisura. In bocca al lupo, Enea. Piccolo grande eroe.

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