
Mala tempora currunt per gli 11 dipendenti della Gintoneria e per il popolo del «King Lacerenza» che nel locale di via Napo Torriani n.15 facevano di tutto di più. I ragazzi (per la maggior parte stranieri) alle dipendenze dirette di Davidone e della sua socia Stefania Nobile (entrambi dal 4 marzo agli arresti domiciliari) dovranno cercarsi un nuovo lavoro, mentre gli ex habitué dell’abbinata Gintoneria/Malmaison saranno costretti a ripiegare su altri lidi specializzati nei medesimi «pacchetti» (alcol, cocaina, escort) offerti - secondo l’accusa - da Lacerenza&C.: specialità della casa all inclusive che a Milano di certo non mancano. È indubbio infatti che nel capoluogo milanese Lacerenza non sia l’unico demonio con l’esclusiva dei «servizi extra», proibiti più dalla legge che dalla morale.
Intanto il questore di Milano ha revocato la licenza al titolare (Davide Lacerenza, appunto) del «mitico» drink bar alle spalle della Stazione Centrale che, con il suo business milionario, foraggiava anche un ricco indotto: dai prodotti alimentari di «alta qualità» che rifornivano la dispensa della Gintoneria, fino all’ambulante fioraio bengalese le cui rose stemperavano «romanticamente» le notti trasgressive dei clienti «gintoneristi». Ma, almeno per ora, la festa è finita. O, come detto, si trasferisce altrove. Sta di fatto che questa mattina la polizia ha notificato il provvedimento a Lacerenza nell’appartamento dove si trova agli arresti nell’ambito dell’inchiesta della procura di Milano che lo ritiene responsabile (in concorso con Stefania Nobile e il factotum Davide Ariganello) dei reati di sfruttamento della prostituzione, spaccio di stupefacenti e autoriciclaggio.
Il provvedimento disposto dal questore è un atto dovuto alla luce delle risultanze investigative emerse dall’ordinanza di custodia cautelare nei riguardi dei tre indagati e a seguito del sequestro della Gintoneria ordinato dall’autorità giudiziaria contestualmente all’arresto di Lacerenza, della figlia di Wanna Marca e di Davide Ariganello. Una nota della questura sottolinea come la revoca della licenza sia motivata anche dal fatto che «il titolare è già stato destinatario in passato di due provvedimenti di sospensione licenza e in considerazione di una situazione obiettivamente pericolosa e intollerabile per la sicurezza e l'ordine pubblico». Insomma, Lacerenza era recidivo e forse, anche per questo, particolarmente monitorato dagli inquirenti.
Del resto, lo stesso «Mosè dello champagne» non faceva nulla per nascondere la propria attività, anzi la promuoveva sui social con decine di video in cui i «pacchetti» borderline oggetto dell’indagine della magistratura venivano reclamizzati senza particolari remore.Chissà se per semplice incoscienza o per un malinteso senso di impunità.
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