“Qui se non paghi non lavori”. Questa la denuncia di un residente a Monfalcone, che punta il dito contro chi gestisce una delle moschee abusive al centro delle polemiche negli ultimi mesi. Nel piccolo comune in provincia di Gorizia un cittadino su tre è straniero e una delle comunità più grandi è quella bengalese con oltre 10 mila persone. Ebbene, secondo quanto ricostruito dalla giornalista Serena Pizzi di “Fuori dal coro” , alcune ditte appaltatrici nei cantieri gestiti dai bengalesi si farebbero restituire dai dipendenti metà dello stipendio. Denaro che poi finirebbe nelle casse della moschea abusiva.
In soldoni, chi gestisce il luogo di preghiera islamico chiederebbe il pizzo. “Tutti i bengalesi che ho sentito hanno pagato. Io ho già dato 30 0 40 mila euro” la testimonianza di una presunta vittima ai microfoni del programma in onda su Rete 4. Questo sistema legale andrebbe avanti da diverso tempo, almeno quindici-venti anni: “Quando vedi qualcuno di loro in piazza, consegni i soldi e lui se li mette in tasca. Se hai 2 mila euro, mille li dai e mille li tieni. Se qualcuno dice no? Perdi il lavoro e resti a casa”.
Il denaro sottratto ai lavoratori bengalese finirebbe nelle tasche di alcuni imprenditori che collaborano con la moschea abusiva, gente nota in città. Il sistema sarebbe il seguente: una volta ricevuto lo stipendio sul conto, i lavoratori preleverebbero metà dell’assegno in contanti, denaro poi consegnato a uno di questi imprenditori. Uno schema collaudato, che non lascia tracce. Un campanello d’allarme, l’ennesimo. L’ex sindaco di Monfalcone, Anna Cisint, ha espresso grande preoccupazione: “Io sono davvero preoccupata. Come si può controllare? Per la chiesa cattolica c’è un sistema di controllo, per i centri islamici no. E noi lo pretendiamo”.
Monfalcone è al centro del dibattito pubblico da diverso tempo per la presenza di luoghi di preghiera islamica abusivi.
Recentemente il Tar del Friuli Venezia Giulia ha accolto i ricorsi di due centri culturali che si erano opposti ai due provvedimenti emanati dall’ex prima cittadina leghista in relazione a due immobili utilizzati per la preghiera ma aventi invece diverse destinazioni d’uso. Secondo i giudici, il Comune di Monfalcone “non ha adeguatamente dimostrato che il mutamento d'uso costituisca ‘variazione essenziale’”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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