Fangul. È la prima parola che avrebbe dovuto dire Ottavia Piana, la speleologa rimasta intrappolata in una grotta tra la val Cavallina e il lago d'Iseo e oggetto di critiche ignoranti da parte dei lemuri social (ma perché ce ne occupiamo ancora?) i quali avrebbero meritato anzitutto un bell'elenco: Fangul, Laguna blu, Mastodon, Ciclopico, tutti gli altri nomi delle gallerie e pareti e cunicoli e pozze che sono stati mappati negli ultimi 18 anni in centinaia di spedizioni: una preziosa di fonte informazioni che aiutano tutti noi (anche quelli seduti sul divano a trastullarsi coi social) perché per esempio analizzano l'acqua che beviamo o con cui ci laviamo, individuano residui di idrocarburi come è capitato sotto il Monte Canin dove gli speleologi trovarono del carburante perso da una cisterna che contaminava le falde acquifere, trovano appunto fonti di inquinamento con monitoraggi e dati poi regolarmente girati a enti come Arpa e Istat che li utilizzano per valutare lo stato delle nostre risorse idriche.
Ottavia Piana è una volontaria, ma andrebbe pagata, e pure tanto, perché svolge un servizio pubblico anche se lo fa per passione: perché senza passione, là sotto, non ci vai, e comunque non puoi pagare qualcuno per fare un lavoro così rischioso, deve offrirsi lui, anzi lei. Altro che «ma stai a casa», «lasciatela lì» , «dedicati al ricamo» e «il salvataggio lo paghiamo noi» (tutte autentiche) anche perché noi in realtà non paghiamo nulla, neanche il soccorso: in parte perché è a opera di volontari solidali, d'altra parte perché le spese inevitabili sono coperte da un'assicurazione che i lemuri social dovrebbero conoscere, visto che è lo sponsor del Liverpool calcio: «Axa», che compare bello grande sulle magliette del Club. È un approfondimento culturale alla loro portata.
Hanno trattato Ottavia Piana come quei deficienti che vanno sul ghiacciaio in infradito o chiamano l'elisoccorso solo perché sono stanchi o perché sono partiti per la vetta nonostante il maltempo: ma sono mondi diversi. Coi turisti della domenica, colpevoli d'ignoranza, è giusto pretendere che paghino o perlomeno contribuiscano, un po' come i codici bianchi del pronto soccorso: oltretutto le loro incoscienze non servono a nulla. Ma il lavoro del gruppo degli speleologi di Lovere, di cui Ottavia Piana fa parte e che si è unito ad altri gruppi, serve a realizzare un progetto che si chiama Sebino che negli anni ha partecipato a diversi bandi di ricerca e che, sotto il nome di «100 km di abissi», è peraltro sostenuto anche da Uniacque, l'azienda pubblica che gestisce l'acqua nel bergamasco; un lavoro scientifico importante che porta e può portare informazioni sullo stato di conservazione idrogeologico e soprattutto sulla gestione dell'acqua. Le esplorazioni indagano il reticolo del sistema carsico, descrivono i corsi sotterranei e ne individuano i flussi d'aria e d'acqua in ingresso e in uscita dalle grotte, osservano e studiano anche il comportamento degli animali. Gli speleologi sono tutti professionisti per competenza: ma volontari nel senso che non ci guadagnano nulla.
La grotta dove è caduta Ottavia Piana fa parte di un vasto e complesso sistema carsico che è importante esplorare anche perché si sviluppa per quasi 100 chilometri quadrati: la speleologa è esperta, ha partecipato a moltissime spedizioni coi compagni del Cai di Lovere: quando è caduta, sabato, stava esplorando un ramo mai mappato prima e per raggiungerlo, a gente come
lei, servono almeno 6 ore. I lemuri social, se credono, possono offrirsi volontari o restare esploratori da testiera, rimasti intellettualmente, come sono, nelle stesse caverne che Ottavia Piana perlustra anche per loro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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