Omicidio colposo e mancata rimozione di un pericolo per la pubblica incolumità sono i capi di accusa mossi dai giudici nei confronti di due amministratori di condominio che si sono alternati nella gestione di uno stabile di via Duomo, a Napoli, dove quasi quattro anni fa si è consumata una tragedia. In quel palazzo il crollo di un cornicione ha provocato la morte di un commerciante, il 66enne Rosario Padolino, finito per caso sotto i calcinacci caduti in seguito alla mancata manutenzione dell’immobile.
L’indagine
Da quell’8 giugno del 2019 la magistratura si è messa in moto e il risultato delle verifiche è impietoso: il crollo poteva essere evitato e quindi la responsabilità della morte di Padolino ricade sulle persone interessate ai lavori di ristrutturazione mai svolti. A finire nel mirino del pubblico ministero Stella Castaldo, oltre ai due amministratori di condominio, sono i ventotto proprietari degli appartamenti all’interno del palazzo di via Duomo, i quali, nonostante dalle tante riunioni condominiali era emersa la necessità di procedere alla riqualificazione della facciata dello stabile, non hanno mai dato il via libera ai lavori. Un’imperizia che li porterà diritti in tribunale dove la moglie e le due figlie del commerciante deceduto si costituiranno parte civile.
Il processo
La prima udienza, come riporta il quotidiano Il Mattino, si svolgerà il 5 aprile del 2023. Gli imputati dovranno difendersi dalle accuse dei giudici che punteranno sulla mancata manutenzione che andava programmata almeno dal 2013. Le infiltrazioni d’acqua, il progressivo deterioramento dei cornicioni rendevano evidente, anche a vista d’occhio, il pericolo di crollo, ma nulla è stato fatto per impedirlo.
“Limitandosi a far apporre nell’autunno del 2015 una rete di contenimento del cornicione; parliamo di un intervento provvisionale cautelativo cui non faceva seguito alcun intervento risolutivo definitivo – si legge nella relazione del pubblico ministero – gli imputati avrebbero omesso quindi di disporre interventi manutentivi contenitivi urgenti, ad esempio quelli indicati dalle ditte che erano state contratte e contattate nell’anno 2015”. In più, il tutto sarebbe aggravato dall’inerzia dei proprietari a dare il via alle opere di messa in sicurezza dello stabile.
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