“Sono stato io, sono una bestia”. La confessione (ritrattata) dell'immigrato sulla scomparsa di Cristina

Il richiedente asilo mai sentito sulla scomparsa di Cristina Golinucci scrisse alla madre della giovane: “Non so nulla”. Ma in carcere avrebbe detto qualcosa di molto diverso

“Sono stato io, sono una bestia”. La confessione (ritrattata) dell'immigrato sulla scomparsa di Cristina
00:00 00:00

Nella vicenda della scomparsa di Cristina Golinucci c’è una persona che probabilmente sarebbe molto importante ascoltare. Si tratta di Emanuel Boke, un richiedente asilo che nel 1992, ovvero quando della giovane cesenate si persero le tracce (per la precisione l’1 settembre), frequentava il convento dei cappuccini di Cesena dove la ragazza altruista e devota, tra le altre cose, prestava opera di volontariato.

Boke è stato più volte in carcere per violenza sessuale e in passato si sarebbe autoaccusato di aver fatto del male a Cristina per poi ritrattare. Ora la procura dovrà decidere se richiedere per lui un ordine di indagine europeo, per ascoltarlo: altri richiedenti asilo, nello stesso contesto, in primis il compagno di stanza di Boke all’epoca, sono stati sentiti più e più volte dagli inquirenti.

Il 4 giugno 1998 Boke si trovava in carcere, condannato appunto per violenza sessuale contro due ragazze di Cesena, quando scrive alla mamma di Cristina Marisa Degli Angeli. “Gentile signora, sono Manuel Boke. Le scrivo dal carcere di Ferrara, la sua lettera mi ha fatto molto piacere e con molto piacere le rispondo, con un grande rammarico le comunico che della storia di sua figlia non so assolutamente niente, le do la mia parola che se sapessi qualcosa glielo direi molto volentieri”, esordisce Boke nella lettera pubblicata su Facebook dalla legale della signora Degli Angeli Barbara Iannuccelli.

L’impressione è che la lettera non sia scritta di suo pugno: nonostante gli errori presenti, sono quelli tipici di una persona nata e vissuta in Italia, quindi è possibile, a livello ipotetico, che il richiedente asilo l’abbia dettata a qualcuno. “Capisco benissimo il vostro grande dolore e tutto questo mi dispiace molto. Le posso assicurare che appena io esco dal carcere le do un colpo di telefono per metterci d'accordo per poterci incontrare e così possiamo parlare un po’. Io se tutto va come deve andare a fine mese sono libero, male che vada la metà del prossimo, comunque le do la mia parola che appena esco le do un colpo di telefono”, si legge ancora nella missiva. L’8 giugno successivo, Boke avrebbe incontrato la signora Degli Angeli, per poi essere arrestato meno di tre settimane più tardi a Marsiglia con una nuova accusa di violenza sessuale, ancora una volta contro una ragazza italiana.

Un passo indietro dal punto di vista temporale. È il 1994 e Boke si trova in carcere. Si reca da lui per una visita fra’ Lino Ruscelli, padre spirituale di Cristina che il giorno della sua scomparsa aveva appuntamento proprio con lui. A padre Lino Boke avrebbe detto “Sì, sono stato io, sono stato una bestia, un assassino”. Due giorni più tardi la ritrattazione, ma in ogni caso la frase non venne presa in considerazione dagli inquirenti: le indagini erano aperte per sequestro di persona e il frate era coperto dal segreto confessionale.

Nel 2017 il richiedente asilo, con un altro nome, si sarebbe trovato in carcere in Francia: esistono il suo Dna e le impronte digitali. Se fosse trovato, il cold case mai risolto di Cristina Golinucci potrebbe giungere alla tanto attesa svolta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica