Saqib Ayub è una figura chiave nella vicenda dell’omicidio di Saman Abbas perché, se il giovane non ci fosse stato, forse le ricerche della 18enne uccisa a Novellara non sarebbero partite subito. Fu Ayub, fidanzato con la ragazza pakistana che sui social era “Italian Girl”, ad allertare le forze dell’ordine, come gli era stato chiesto da lei nel caso non si fosse fatta viva per 48 ore di fila.
Ma Ayub non è una vittima, è un sopravvissuto: sopravvissuto al dolore, sopravvissuto alle presunte minacce degli Abbas, sopravvissute a un’impostazione culturale retrograda e misogina che intende cambiare. In nome di Saman e delle “altre Saman”. Ovvero le altre potenziali vittime di delitti d’onore. Il fenomeno non ha a che vedere infatti con la religione o la società: in Pakistan esistono infatti i matrimoni combinati, ma i futuri sposi possono pronunciarsi e sottrarsi. Quando non lo possono fare, si può giungere a un matrimonio forzato, che però non è consentito dalla legge. Così come non è consentito il delitto d'onore.
Chi è Saqib Ayub
Classe 2000, Saqib Ayub è arrivato in Italia attraversando i Balcani a piedi, come ha raccontato a “Chi l’ha visto?”. È stato per lungo tempo un richiedente asilo e ha vissuto nel Frusinate: oggi ha un permesso di soggiorno valido per 5 anni e vive nell’Alessandrino, dove fa il cuoco e pare prepari un’ottima amatriciana.
Ayub è una delle tre parti civile riconosciute dal tribunale di Reggio Emilia nel processo per sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere ai danni di Saman Abbas. La corte, infatti, su 23 enti, associazioni e persone che hanno chiesto di costituirsi parte civile ne ha riconosciute solo 3, ovvero il fidanzato 23enne, l’associazione Trama di Terre che gestisce il cav di Imola e opera contro i matrimoni forzati e l’associazione di Reggio Non da Sola che gestisce la dimora protetta per donne sopravvissute alle violenze.
Un matrimonio per amore
Per capire la relazione tra i due giovani pakistani in Italia, bisogna andare all’agosto 2020, quando i ragazzi si sono conosciuti sui social. All’epoca Saman Abbas era già promessa sposa, contro la propria volontà, di un cugino più vecchio di 10 anni in Pakistan. Dopo una prima conoscenza virtuale, gli incontri con Saqib Ayub si sono susseguiti in diversi luoghi d’Italia, ma in particolare a Bologna: lì, sotto i portici, i giovani si scambiarono un romanticissimo bacio immortalato e pubblicato sui social, scatenando così l’ira dei parenti della ragazza.
La famiglia di Saman Abbas, che spingeva appunto per un matrimonio forzato con il ricco cugino pakistano, osteggiava la relazione con Ayub: per capire meglio la distanza sociale percepita dagli Abbas, vale la pena ricordare che questi giunsero in Italia in aereo, non a piedi come aveva fatto il 23enne. Questa differenza sociale ha portato a presunte numerose minacce degli Abbas nei confronti del ragazzo e della sua famiglia che fino a metà aprile 2023 era ancora in Pakistan.
“Sono stati minacciati perché Saqib viene da una casta bassa - ha raccontato il giornalista Ahmed Ejaz a IlGiornale.it - È figlio di calzolai, come hanno definito nelle chiacchiere della comunità. Gli Abbas sono di casta alta. Lo zio di Saman (il fratello della madre, ndr) è un poliziotto di alto grado. In passato gli Abbas hanno minacciato i parenti di Saqib, che sono poveri e ora vivono nella paura, sono costretti a cambiare continuamente residenza per nascondersi. La famiglia allargata degli Abbas, fino al quarto-quinto grado, è famosa per essere una famiglia potente. L’arresto dei genitori farà arrabbiare ancora di più. Consiglierei a Saqib di far nascondere i suoi parenti anche in Pakistan, se non riesce a farli venire in Italia”.
Questo consiglio a Saqib Ayub è stato dato anche dal suo legale Claudio Falleti, che non solo ha accolto il giovane come un figlio, ma sta facendo lo stesso con la sua famiglia, i cui membri più stretti sono giunti in Italia con il benestare del governo e con lo status di rifugiati per motivi umanitari. “Il padre di Saman è un uomo potente e pericoloso. Ho paura per la mia famiglia in Pakistan. Non dimenticherà mai di vendicarsi, anche fra dieci anni”, aveva raccontato Saqib Ayub a Quarto Grado.
I due giovani avevano progettato di convolare a nozze. Era quasi tutto pronto, abiti tradizionali pakistani per gli sposi compresi. Un completo blu elettrico arabescato per lui, un luminoso abito rosa per lei. Ma a Saman Abbas mancavano i documenti, in particolare il passaporto che le avrebbe consentito di tornare in Pakistan per il rito. Ora quei vestiti non saranno mai indossati, il matrimonio non ci sarà mai.
L’omicidio di Saman e il processo
A novembre 2020 era stata presa in carico dai servizi sociali italiani e posta in una struttura protetta: aveva denunciato la famiglia, e ora aveva la possibilità di studiare e forse di diventare, come si è detto spesso desiderasse, anche durante il processo, “Italian Girl”. Ma Saman Abbas scomparve da Novellara la notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021.
Quella stessa notte Saman Abbas è stata uccisa. Le responsabilità su chi sia stato e la verità sulla dinamica saranno stabilite dal processo che è iniziato a Reggio Emilia a febbraio 2023. Ci sono 5 persone rinviate a giudizio: il padre Shabbar Abbas detenuto in Pakistan e forse in attesa di estradizione, la madre Nazia Shaheen ancora latitante, lo zio paterno Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanoulaq. Questi ultimi 3 sono stati arrestati e condotti in Italia mentre cercavano rifugio in area Schengen. Ikram Ijaz in particolare fu arrestato insieme al fratello della giovane uccisa, oggi maggiorenne: il giovane, posto anche lui in una struttura protetta del Nord Italia, ha da subito puntato il dito sullo zio paterno. Quest’ultimo invece - che ha condotto la polizia penitenziaria nel luogo dell’occultamento del corpo, un casolare abbandonato a 700 metri dalla casa degli Abbas a Novellara - afferma di essere arrivato sulla scena del crimine a fatti avvenuti, e che gli sia stato riferito che a uccidere la nipote sia stata Nazia Shaheen.
“Dentro di me sapevo da tempo che era morta e mi era rimasta una sola speranza, sempre che questa parola ora possa avere un senso - aveva raccontato Ayub al Corriere della Sera in occasione dell’esumazione del cadavere in una buca nella nuda terra - La speranza che fossero almeno trovati i suoi resti, per poterle dire addio in maniera dignitosa”.
Quando veniva intervistato in tv, il 23enne cercava di mantenere sempre viva la speranza, come ha poi chiarito nella stessa intervista: “Sino a due mesi fa andavo avanti come i parenti delle persone scomparse, nella speranza. Speravo che lei fosse viva, magari in Pakistan, unita ad un altro uomo contro la sua volontà, ma viva… Ho sognato Saman tante volte: era in una stanza e mi chiedeva aiuto. Quando due mesi fa ho letto le parole pronunciate dal padre Shabbar in un’intercettazione, la speranza di poterla trovare ancora in vita è svanita”.
A carico degli imputati le accuse sono molto gravi. In un’intercettazione telefonica, in cui Shabbar Abbas comunicava con un fratello, viene sentito dire: “L’ho uccisa io, l’ho fatto per il mio onore”. Non meno lieve la posizione di Nazia Shaheen, inquadrata dalle telecamere di sorveglianza la notte della scomparsa: la donna viene mostrata con la figlia nello spiazzo antistante la loro abitazione. Le due, raggiunte dal capofamiglia, si avviano poi verso le serre: i filmati mostrano infine il solo Shabbar Abbas rientrare in casa con lo zainetto della figlia nelle mani. E ci sono anche chat e messaggi vocali che descrivono appieno la consapevolezza di Saman Abbas di stare per morire.
Quella di Saman Abbas, anche ora che si è in attesa di un verdetto del tribunale, suscita grande commozione nell’opinione pubblica. “Mi ha fatto molto male - aveva raccontato Ejaz in un’altra intervista a IlGiornale.it - pensare al momento in cui Saman chiede alla madre di cosa stessero parlando nella chat al telefono, perché aveva sentito di una ragazza che doveva essere uccisa, ma la madre le dice che non stavano parlando di lei. Mi ha fatto piangere, così come quel momento in cui Saman parla al telefono con Saqib: lui era pieno di speranza, di luce, erano appena arrivati i vestiti per le nozze, mentre lei, con la sua dolce voce in un urdu raffinato, attenta a non farsi ascoltare da altri, preannuncia in un certo senso la sua morte”.
Il processo a Islamabad nei confronti di Shabbar Abbas è stato oggetto di numerosi rinvii. L’avvocato dell’uomo Akthar Mahmood ha invece affermato più volte che gli inquirenti italiani dovrebbero indagare su Saqib Ayub: secondo il legale, il giovane avrebbe chiesto denaro al padre della fidanzata. Le dichiarazioni di Mahmood hanno suscitato in Italia grande indignazione. “Se Shabbar è innocente, perché è scappato il giorno dopo la scomparsa di Saman? E perché non si presenta mai in aula, a Islamabad?”, aveva ribattuto Saqib Ayub a Quarto Grado.
Anche come parte civile, il 23enne non appare interessato al denaro di un eventuale risarcimento cui si potrebbe giungere alla fine del procedimento.
“Se mai otterremo dei soldi, li devolveremo a un’unica causa: creare e aprire una ‘Fondazione Saman’ che possa tutelare le vittime dei matrimoni forzati. Questo è il nostro sogno, nonché unico obiettivo oltre ovviamente ad avere giustizia”, aveva commentato Falleti alla costituzione di parte civile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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