«Ho rinunciato al mandato per motivi connessi al rapporto fiduciario e dunque coperti da segreto professionale, null’altro». L’avvocato Sebastiano Sartori, che aveva assunto la difesa di Alessandro Impagnatiello, spiega così all’Agi la propria decisione di rinunciare all’incarico. Impagnatiello ha ammesso di aver ucciso a coltellate la compagna, Giulia Tramontano, che era incinta di sette mesi, nella loro casa di Senago, poco lontano da Milano. Alla domanda se abbia subito minacce, il legale dice: «Ripeto che il motivo è connesso al rapporto fiduciario». Secondo gli inquirenti, Impagnatiello ha il profilo di «un narcisista manipolatore». Ora si trova a San Vittore, al quinto raggio nel reparto dei detenuti a rischio. Potrebbe infatti provare a suicidarsi, ma potrebbe anche essere preso di mira dagli altri carcerati. Ieri prima di decidere di rimettere il mandato, l’avvocato Sartori ha incontrato il 30enne e ha spiegato che «sta acquisendo sempre maggior consapevolezza». Si troverebbe in uno stato «di angoscia, che sta venendo fuori sempre di più». Poi il legale ha confermato che l’indagato ha indicato ai carabinieri dove si trova il coltello usato per uccidere la ragazza.
L’arma sarebbe ancora nell’abitazione della coppia. Per oggi è previsto un nuovo sopralluogo degli investigatori e del pm Alessia Menegazzo e dell’aggiunto Letizia Mannella nell’appartamento del delitto, nel box dove è stato tenuto il corpo e nel luogo dove poi è stato abbandonato. L’autopsia sul corpo di Giulia invece è stata fissata per venerdì. Ieri i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano hanno sentito come testimoni la mamma e la sorella della vittima. Lo ha riferito il legale della famiglia, Giovanni Cacciapuoti, che sempre ieri ha avuto un colloquio con i magistrati. I genitori di Giulia, aggiunge l’avvocato, «sono stati subito insospettiti dal fatto che la figlia non rispondeva al telefono e il convivente era vago».
Per loro quello di Impagnatiello non è stato «un comportamento credibile». La famiglia della 29enne «conoscendola e conoscendo la condizione che viveva di donna gravida di sette mesi» sapeva che «difficilmente avrebbe fatto perdere le tracce di sé in maniera volontaria».
La ricostruzione del delitto è quasi completa, secondo gli inquirenti. Manca solo un tassello considerato centrale: il 30enne potrebbe avere avuto un «aiutante» nelle fasi dell’occultamento del cadavere. Qualcuno a lui molto vicino, anche se l’indagato ha sempre negato questa circostanza.
Agli atti ci sono tra l’altro i filmati di una telecamera di sorveglianza privata fuori dalla casa di Senago che ha ripreso i movimenti di Impagnatiello. Alle 3.14 di domenica 28 maggio il ragazzo rientra a casa dalla visita all’altra donna che frequentava. Poche ore prima ha ucciso la compagna. Alle 3.22 esce brevemente in strada. Sotto il braccio ha un involucro, «verosimilmente un lenzuolo bianco o plastica delle dimensioni di 50 centimetri circa». «Il giovane - annotano gli investigatori - si dirige verso la sua autovettura parcheggiata, vi entra per pochi secondi per poi riuscirne, chiudere con dispositivo elettronico e rincasare sempre custodendo l’involucro». La stessa telecamere lo riprende il mattino successivo, uscire di casa alle 7.01 con uno zaino marrone in spalla.
«Dopo averlo lasciato nel bagagliaio, ritorna al cancello carraio e ne esce sette minuti dopo, alle 7.08», tenendo in mano «due involucri, verosimilmente di plastica, all’interno dei quali si può notare un agglomerato di materiale compatibile con un mucchio di vestiti».
A quel punto Impagnatiello mette in moto la sua Volkswagen T-Roc e va alla fermata della linea Gialla della metropolitana di Comasina da dove raggiungerà l’Armani Hotel. All’amica e collega che lo incontra al lavoro dirà che Giulia è scomparsa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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