Ci sono diversi indizi che hanno condotto gli inquirenti a formulare l’accusa di omicidio nei confronti dei parenti di Saman Abbas. Ci sono le testimonianze dirette: quelle del fidanzato Saqib, che ha allertato le forze dell’ordine per via di una richiesta che Saman gli fece prima di scomparire, e quelle del fratellino della giovane, che disse di aver assistito a una riunione di famiglia in cui si progettava il delitto d’onore.
Ma uno degli indizi più sconvolgenti è in un’intercettazione telefonica: il 6 giugno 2021, poco più di un mese dopo che la 18enne non si trovava, il padre Shabbar Abbas, tornato in Pakistan, parlò con un fratellastro che era rimasto a Novellara, la città in Emilia Romagna in cui la famiglia viveva e lavorava.
Nella telefonata Shabbar chiede chi abbia parlato: l’uomo sembra convinto che sia stato un membro della famiglia allargata o della comunità pakistana a rivelare del delitto d’onore. Durante la conversazione, che è stata tra l’altro parzialmente diffusa da Quarto Grado, volano anche le parolacce nei confronti dei supposti delatori. Ma le parole più agghiaccianti sono queste che Shabbar pronuncia con decisione: “Una volta che sei cosciente, pensaci. Io non ho nulla di più importante del mio onore. Ricordalo: prima cosa. Seconda cosa: se qualcuno parla ancora male di me non vi lascio stare, a nessuno. Ho lasciato mio figlio lì, ho anche ucciso mia figlia. Non mi importa di nessuno”.
È possibile che queste intercettazioni non avrebbero avuto la stessa efficacia se il caso della giovane pakistana che si opponeva al matrimonio forzato non fosse giunto a una svolta. Nei giorni scorsi infatti, Shabbar, che era latitante, è stato arrestato in Pakistan: si attende di sapere se sarà estradato per essere giudicato in Italia.
Inoltre per un anno e mezzo non c’è stata prova certa della morte di Saman. Ma adesso, pare su indicazione dello zio Danish Hasnain, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, si sta scavando per esumare dei resti umani in un casolare abbandonato di Novellara. Il cadavere della ragazza rappresenterebbe una prova importante per l’intero caso, tanto più che i parenti hanno sempre affermato che Saman fosse fuggita in Belgio.
È ancora latitante, invece, la madre Nazia Shaheen, che con Shabbar aveva lasciato l’Italia alla volta del Pakistan il giorno dopo la scomparsa della figlia. “Per noi rimane importante la mamma di Saman - ha commentato l’avvocato Barbara Iannuccelli a supporto dell’associazione Penelope - lei ne ha decretato la fine. Lei scherzava con la figlia poco prima di accompagnarla dai carnefici. Lei l'ha fatta ritornare a casa.
Saman aveva fatto denuncia di smarrimento dei suoi documenti, per cui non aveva alcun motivo per rientrare a casa. Lo ha fatto per la mamma. E lei, parlando con l'altro figlio, voleva convincerlo a desistere da ogni collaborazione. Noi vogliamo Nazia!”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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