Riccardo Chiaroni ha ucciso il padre Fabio, il fratellino Lorenzo e la madre Daniela Albano dopo aver festeggiato i 51 anni del papà poche ore prima insieme a tutti i parenti e gli amici di famiglia. Ha tentato di fornire una ricostruzione fantasiosa nelle prime ore dopo il delitto, di scaricarsi la responsabilità sostenendo che aveva ucciso il padre perché lui aveva ucciso la madre e il fratello. Ma sono bastate poche ore di interrogatorio al 17enne per crollare e raccontare la verità, quella che gli investigatori sospettavano fin dall'inizio.
"Non c’è un vero motivo per cui l’ho ucciso. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio", ha raccontato agli inquirenti, come riporta il Corriere della sera, liberandosi di quel peso che portava addosso da oltre 12 ore. Quando i carabinieri sono arrivati nella villetta di Paderno Dugnano, hanno trovato il ragazzo sull'uscio di casa, in mutande, ricoperto di sangue. Aveva ancora il coltello in mano. Non aveva addosso nemmeno un segno di colluttazione, un graffio, qualcosa che indicasse che suo padre potesse aver reagito quando lui, come ha raccontato all'inizio, lo ha trovato accovacciato in camera del fratello e vedendo i corpi di madre e fratello lo avrebbe colpito a morte.
"Non è successo niente di particolare sabato sera. Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo", ha proseguito Riccardo. Chiunque lo conoscesse ne dipinge un ritratto da "bravo ragazzo", forse un po' introverso, ma non certo capace di fare una strage. Eppure, nella sua testa quella mattanza covava da tempo. Il 17enne ha già raccontato agli inquirenti cosa è successo la notte tra il 31 e il 1 settembre, riferendo la dinamica dei tre omicidi. Ha detto di essersi alzato nel cuore della notte per andare in cucina e prendere il coltello, quello da carne, e di essere poi andato in camera del fratello: l'ha colpito nel sonno, è stato la sua prima vittima "senza un motivo preciso". Piange mentre fa la sua confessione, dice che "non so davvero come spiegarlo. Mi sento solo anche in mezzo agli altri".
Riferisce di un "disagio" ma non lo sa esternare, spiega che non aveva "vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse". E nella sua testa, secondo quanto da lui riferito, uccidere tutti era la soluzione più accettabile per dipanare quel "disagio". Ma così, ovviamente, non è stato: "Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato". Ora devono essere gli psicologi a intervenire, scavando nella mente di un 17enne "come tanti", che nessuno riteneva capace di una simile atrocità, che invece "covava da tempo".
Giocava a pallavolo nella squadra locale, in una categoria superiore perché ha talento. Suo fratello aveva deciso di emularlo e per lui lasciò il nuoto, per coltivare quello sport.
A scuola andava bene, viene descritto come uno studente con un'intelligenza superiore alla media, anche se l'ultimo anno aveva avuto un debito in matematica. Tra pochi giorni avrebbe iniziato il nuovo anno scolastico al liceo. Ora si trova ristretto nel carcere Beccaria di Milano con l'accusa, insostenibile, di aver sterminato la sua famiglia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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