"Non ho avuto il coraggio di farla finita". Le prime parole di Turetta alla polizia tedesca

Quando è stato fermato dai poliziotti, Filippo Turetta ha ammesso il suo crimine ma anche detto di aver cercato di farla finita, pensando di schiantarsi o tagliarsi la gola

"Non ho avuto il coraggio di farla finita". Le prime parole di Turetta alla polizia tedesca
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Appena Filippo Turetta è stato fermato sull'autostrada tra Berlino e Monaco di Baviera, agli agenti ha pronunciato quella che, seppure non valida ai fini della giustizia, è a tutti gli effetti una confessione: "Ho ucciso la mia ragazza". Agli agenti ha ammesso la sua responsabilità e nei prossimi giorni sarà chiamato a fornire la sua versione dei fatti davanti ai giudici italiani che, grazie alle ricostruzioni effettuate tramite le telecamere e le testimonianze, hanno già un'idea abbastanza definita di quanto accaduto nella notte tra sabato 11 e domenica 12 novembre.

Filippo Turetta ha raccontato ai poliziotti tedeschi che lo hanno arrestato di avere pensato "più volte di farla finita" nel corso della sua fuga ma di non avere avuto il coraggio di farlo. "Ho vagato questi sette giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono buttato un coltello contro la gola ma non ho avuto il coraggio di farla finita", si legge nelle sue dichiarazioni messe a verbale. Quando i poliziotti l'hanno trovato in autostrada presentava ferite alle mani e alle caviglie ed evidenti macchie di sangue addosso, probabilmente di Giulia.

Il trasferimento è stato autorizzato, quindi entro pochi giorni Turetta sarà in Italia. Ma in quella confessione consegnata alla polizia tedesca, è racchiuso tutto il senso del femminicidio di Giulia Cecchettin. Agli agenti, Filippo dice "ho ucciso la mia ragazza". Ma lui e la studentessa si erano lasciati definitivamente ad agosto, anche se lui non ha mai accettato la fine di quella relazione. Ha continuato a considerarsi parte di una coppia che non esisteva ormai da tempo, solo perché Giulia continuava a uscirci e ad assecondare quel suo desiderio di vederlo. Ma se per lei questo era solo un favore, un modo per restare amici, per lui c'era molto di più.

Giulia stava per laurearsi, avrebbe dovuto discutere la tesi il giovedì successivo alla sua uccisione. Questo le avrebbe dato la possibilità di allontanarsi definitivamente da lui, per proseguire nel suo percorso di formazione in un'altra città. E, forse, per lei era anche il modo per mettere fine definitivamente a quel rapporto che non riusciva mai davvero a chiudere. L'ha confermato a il Giornale il ristoratore che avrebbe dovuto organizzare le due feste di laurea della giovane: "Il suo atteggiamento era più da compagno, da fidanzato. Dava certe indicazioni che se sei un amico non dai, al massimo consigli. Non decidi su quella che è la festa non tua. Questo, col senno di poi, ci ha un po' sorpreso".

"Ho ucciso la mia ragazza", dice Turetta agli agenti in Germania. L'incapacità di lasciar andare Giulia, l'idea di non potersi rifare una vita, a 22 anni, senza quella ragazza. E l'idea che ciò che lui considera "suo" potesse andare lontano da lui sono alla base di una tragedia enorme, di una notte che ha trasformato quello considerato da tutti come un "bravo ragazzo" in un assassino senza pietà.

"Un ragazzo abituato ad avere tutto, ad essere sempre giustificato in ogni sua azione, non accetta il fallimento", ha spiegato Elisa Caponetti, psicoterapeuta, psicologa giuridica e criminologa al Corriere della sera, analizzando il comportamento dei giovani di oggi.

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