"Vi affido la mia bimba". La lettera di Caryl che uccise il marito

Caryl Menghetti, che ha ucciso il marito Diego Rota, vuole che la figlia di 5 anni sia affidata ai fratelli di lui: lo ha scritto in una lettera

"Vi affido la mia bimba". La lettera di Caryl che uccise il marito
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Mentre si trova in una Rems di Torino, dopo l’omicidio del marito, Caryl Menghetti ha preso carta e penna e ha scritto ai cognati, per affidare loro la figlia di 5 anni. Menghetti è reclusa, come misura cautelare, in questa struttura psichiatrica, in attesa dell’iter della giustizia, ma in primis ci sarà la consulenza per stabilire lo stato di salute mentale della donna: il 26 gennaio 2024 ha ucciso con 25 coltellate il mattino Diego Rota nella loro casa di Martinengo.

Cari Vanessa, Angelo, Evi e tutti i famigliari - si legge nella missiva riportata dal Corriere della Sera - è successa questa grossa cosa. Nemmeno io posso, riesco a dare una spiegazione. Un giorno, se vi andrà di vedermi, ne potremmo parlare uno davanti agli altri”. Nella lettera Menghetti aggiunge che sì, la figlia è attualmente affidata ai propri genitori, ma non si opporrà mai a che gli zii paterni (la sorella e il fratello di Rota e la moglie di quest’ultimo) possano stare con lei: “Mi sono sempre fidata di voi e vi voglio tuttora bene anche se capisco l’odio nei miei confronti. La nipote è anche vostra e sapete perfino preferisco che lei stia con voi […]. Dovessi mancare anch’io, vorrei restasse sotto la vostra tutela. Se la vorrete, chiederò come fare”.

Menghetti non lo sa, a giudicare dalle parole usate nel suo messaggio, ma Vanessa Rota ha già avviato un procedimento per l’affidamento della piccola, tanto da avere degli incontri con lei, infrasettimanali e in alcuni fine settimana.

In qualunque modo andrà il processo, è difficile immaginare che Menghetti torni alla vita di prima. La donna avrebbe infatti sofferto di disturbi di natura psichiatrica, che si sarebbero manifestati a seguito del parto: era nata sì una bimba desiderata e cercata con tre fecondazioni assistite, ma al tempo stesso era nato morto il gemellino che la donna portava in grembo.

Al manifestarsi di questi primi sintomi, i medici avrebbero consigliato a Rota di allontanarsi insieme alla neonata, ma l’uomo non avrebbe voluto lasciare sola la moglie, che tra l’altro è stata sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio e poi a una terapia a Nembro.

Sembrava esserne uscita all’epoca dei fatti: aveva ripreso il lavoro e solo i parenti erano al corrente che negli ultimi tempi i problemi di salute si erano riproposti.

La mattina del 26 gennaio Menghetti è stata visitata in Psichiatria a Treviglio, dopo che una vicina aveva chiamato l’ambulanza. Tornata a casa con dei farmaci e dopo aver messo a letto la figlia, alle 23 ha ucciso il marito.

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