"Vai all'inferno". La violenza del padre di Saman contro il giornalista italiano

Il padre di Saman avrebbe cercato di colpire un giornalista italiano fuori dal tribunale di Islamabad: le prospettive se dovesse essere giudicato in Pakistan

Screen "Quarto grado"
Screen "Quarto grado"

La speranza dell’estradizione del padre di Saman Abbas appare sempre più una chimera in assenza di accordi bilaterali Italia-Pakistan. C’è stato un nuovo rinvio per il processo che vede protagonista Shabbar Abbas a Islamabad: è tutto rinviato al 10 gennaio 2023, esattamente un mese prima che inizi il processo in Italia.

Solo tre degli imputati si trovano nelle carceri italiane: lo zio di Saman Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanulaq. Shabbar è invece imputato attualmente in Pakistan e, sebbene sia stata chiesta l’estradizione, non ci sono notizie in merito. La madre di Saman Nazia Shaheen è invece latitante e probabilmente rifugiata all’interno della sua famiglia d’origine.

La violenza di Shabbar

Intanto Shabbar, all’uscita dal tribunale di Islamabad, avrebbe cercato di colpire il cameraman di Quarto Grado. Mentre gli veniva chiesta una dichiarazione, si è trincerato nel proprio silenzio, esclamando a gran voce una sola frase all’indirizzo dei giornalisti italiani: “Vai all’inferno”.

Alle domande dei giornalisti, un agente della Fia, la polizia federale pakistana, cerca di nasconderne il volto, comunque quasi completamente coperto da berretto e mascherina.

Il Pakistan e il delitto d’onore

Parte dell’opinione pubblica italiana si chiede se non sia meglio che Shabbar sia processato in Pakistan o in Italia, al fine di ottenere giustizia per Saman. Ma al tempo stesso si chiede se il Pakistan sia culturalmente pronto a fare giustizia sul delitto d’onore. Va ricordato infatti che Saman sarebbe stata uccisa nella notte tra il 30 aprile e l’1 maggio a Novellara, perché si era opposta al matrimonio forzato con un cugino.

In Pakistan il delitto d’onore è regolato dall’articolo 311, che descrive l’eventuale pena massima e la pena minima, nel caso un imputato sia trovato colpevole. Alle telecamere di Quarto Grado l’avvocato di Rovereto Humera Khan, pakistana italiana, ha spiegato: “L’articolo 311 prevede che il delitto consumato in nome o col pretesto dell’onore è punito col carcere a vita e la pena non può essere inferiore a 10 anni”.

L’avvocato ha specificato che il carcere a vita in Pakistan si traduce in 25 anni in cella, ma si è domandata anche quale possano essere i risvolti nel suo Paese d’origine per l’omicidio di Saman, che non ha avuto grande eco come invece è accaduto in Italia. “Consideriamo che in Pakistan i delitti d’onore sono molto comuni”, ha aggiunto, chiosando che ogni anno si stima che centinaia di donne vengano uccise in nome dell’onore.

La

conduttrice Alessandra Viero ha detto anche che l’avvocato, al telefono con lei prima della messa in onda, abbia percepito il nuovo rinvio nel tribunale di Islamabad come un “segnale di incertezza”.

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