Alla vigilia dell'ultimo giorno di campagna elettorale, anche Giuseppe Conte decide di scendere in campo. Lo fa puntando sulla scuola, in queste ore certamente il tema più caldo per governo e maggioranza alla vigilia di un delicato appuntamento elettorale. Un modo per cercare di sminare la tanta insoddisfazione che si respira tra chi - direttamente o indirettamente - sta vivendo il faticosissimo avvio di questo anno scolastico. Per l'occasione, la passerella è una scuola media di Tor Bella Monaca, periferia est di Roma. Il premier si presenta a sorpresa verso le 10 di mattina e i fotografi lo immortalano mentre incontra i professori e saluta sorridente i ragazzi nelle classi. Immagini destinate non solo a tg e giornali, ma pronte a rimbalzare sul suo profilo Facebook, ad uso e consumo della propaganda. Con una curiosa coincidenza, visto che proprio mentre Conte è in visita pastorale all'istituto Don Pagano, un centinaio di genitori si riuniscono davanti alla scuola media del quartiere Prati frequentata dal figlio del premier per protestare contro la scelta dell'istituto di fare lezione un solo giorno a settimana. Una coincidenza, certo. Ma anche il termometro di quanto stia montando l'insoddisfazione per un inizio della scuola che poteva essere certamente gestito meglio. Conte, insomma, prova a stoppare le polemiche mettendoci direttamente la faccia, ben conscio che sul tema - al centro del dibattito politico dallo scorso maggio - difficilmente le responsabilità di ritardi e inefficienze ricadranno su altri. «È inconcepibile - ci tiene a dire - che la scuola diventi terreno di sterili polemiche politiche».
Il premier decide di mettersi in prima linea anche sul referendum, tema che fino ad ora non lo aveva visto così perentorio. Nessuno, ci mancherebbe, poteva avere dubbi sulla sua posizione. Ma ieri Conte ci ha tenuto ad essere il più possibile diretto. «Ho annunciato la mia preferenza per il Sì. Ritengo che la riduzione dei parlamentari non comprometterà la funzionalità del lavoro del Parlamento», dice a 72 ore dall'apertura dei seggi. Anzi, aggiunge, «una riforma in questo senso, corredata ad altri interventi, può essere un primo passaggio per valorizzare ancora di più il Parlamento». Una spinta forte alle ragioni di chi sostiene la riforma del taglio dei parlamentari, con tanti ringraziamenti da parte di Luigi Di Maio. Un endorsement, peraltro, che arriva dopo giorni in cui i sondaggi avrebbero registrato un recupero del No. D'altra parte, la partita referendaria è vitale non solo per il ministro degli Esteri e per tutto il M5s, che da tempo cavalca questa battaglia. Ma per lo stesso premier e per tutto il governo che, con buona pace dei tanti distinguo in casa Pd, questa riforma costituzionale l'hanno fortemente voluta.
Il Conte ecumenico, però, non si limita solo a lanciare la palla a Di Maio, ma guarda anche verso Nicola Zingaretti. Il segretario dem ha ormai legato la sua leadership nel partito alla durata di questo esecutivo e i destini dei due - Zingaretti e Conte - sembrano per molti versi incrociarsi. Così il premier decide di tendere la mano anche al Pd e assicura che Palazzo Chigi sta già lavorando su come rivedere i decreti Sicurezza a cui da tempo i dem vorrebbero mettere mano. Un tema però troppo scottante per aprire il vaso di Pandora prima di una consultazione elettorale tanto delicata. E, dunque, finito nel cassetto in attesa di tempi migliori. Che, giura Conte strizzando l'occhio a quel pezzo di elettori Pd delusi dalle politiche sull'immigrazione degli ultimi due anni, stanno arrivando. Così, prima il premier rivendica come un successo dell'Italia la «svolta» del superamento del patto di Dublino annunciato da Ursula von der Leyen e poi assicura che i decreti Sicurezza saranno «rivisti il prima possibile». Una promessa che nasconde la speranza di far breccia soprattutto nella «rossa» Toscana, dove la sfida tra il candidato dem Eugenio Giani e la leghista Susanna Ceccardi sembra essere aperta e dove i delusi del Pd potrebbero dunque essere decisivi.
Insomma, un Conte che prova - seppure con i guanti di velluto - a infilarsi in una campagna elettorale ormai agli sgoccioli. Senza esagerare, certo. Perché il premier, abilissimo pattinatore, non ha alcuna intenzione di intestarsi eventuali sconfitte nelle urne.
D'altra parte, che sia un equilibrista provetto non è certo una novità. Altrimenti non sarebbe mai riuscito, nel giro di soli due anni, ad essere premier prima con lo strano tandem M5s-Lega e poi con l'improbabile accoppiata M5s-Pd.
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