Prepariamoci a viaggiare in «last class» e a sopportare la retorica di una forma di egalitarismo dura a morire: la lotta di classe aerea (ma anche ferroviaria e marittima). Basta ricordare cosa successe nel 1956, quando furono staccati gli ultimi biglietti dell'appena abolita terza classe. Anche allora scattò il riflesso condizionato, i giornali scrissero che finalmente «si democratizzavano i viaggi». E pace se in realtà le carrozze rimanevano le stesse e, dopo qualche mese e una riverniciatina ai sedili, fu rincarato il biglietto. Stessa retorica esplose quando si parlò di abolire la prima classe nei treni regionali, quasi fosse un'ingiusta discriminazione verso chi pagava meno e viaggiava più scomodo. Siamo sempre lì, al De Gregori di «La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento».
Stessa aria si respira ora con l'introduzione da parte di alcune compagnie aeree americane della «last class», l'ultima classe, offerta che esclude ogni optional: si prenota il posto a sedere e basta. La categoria super economica è figlia di una consolidata tendenza di marketing: segmentare sempre più l'offerta per intercettare ogni tipo di tasche.
Stavolta pure l'Economist, non certo sospettabile di anticapitalismo, cade nella trappola della retorica. Nel raccontare la nuova offerta commerciale che arriva dall'America, il settimanale britannico tira in ballo addirittura il dibattito tra i candidati alle primarie Usa intorno alle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Per l'Economist la nuova classe sarebbe una specie di trappola per mungere anche «chi non ha», una mossa delle compagnie aeree per sfruttare anche l'estremo segmento di potenziali viaggiatori. Si dimentica però che spesso, più che le politiche statali a favore dei poveri, è la concorrenza e la differenziazione delle tariffe a consentire a «chi non ha» di accedere a un bene, o a un viaggio, che magari non potrebbe permettersi. Ma niente da fare: da Time a Forbes è un coro di critiche alla «last class» introdotta da Delta e American Airlines. Le compagnie sono accusate di voler inseguire le concorrenti low cost (come Spirit e Frontier, simili a Ryanair) nell'offerta al ribasso, tentando di vendere posti che nessuno vuole.
Ma c'è anche chi vede l'altro lato della medaglia: Suzy Strutner, giornalista specializzata in viaggi dell'Huffington Post, mette da parte la visione ideologica e riduce la questione a quel che è: un'offerta commerciale che può avvantaggiare qualcuno, mentre sarà ignorata da altri. Perché non sono certo le compagnie aeree a inventare le disuguaglianze di reddito. In sostanza chi viaggia in last class non potrà disdire il volo trascorse 24 ore dalla prenotazione, non potrà chiedere di passare a una classe superiore nemmeno pagando la differenza e non potrà scegliere in anticipo il posto. «Questi biglietti - osserva Suzy Strutner - eliminano vantaggi che molti non avrebbero comunque usato» e consentono di viaggiare con una compagnia tradizionale pagando come con una low cost. E presto anche sui viaggi a lungo raggio si potrà risparmiare sacrificando qualche comodità.
La Norwegian, una low cost, ha annunciato che pensa a collegamenti tra Roma e gli Stati Uniti, finora riservati alle compagnie maggiori.Del resto, se non si hanno abbastanza soldi è meglio viaggiare un po' scomodi o restare a casa aspettando l'abolizione della proprietà privata?
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