La soluzione del caso Roberta Ragusa, scomparsa il 13 gennaio 2012 e al centro di un presunto omicidio, potrebbe essere racchiusa in un sms. Si tratta di un messaggio arrivato il 26 novembre 2012 al telefono della cugina della donna, Sonia, da un numero a lei sconosciuto. Lo stesso messaggio, con la stessa utenza telefonica, è giunto al marito di Giovanna, la sorella di Sonia e recita, in lettere maiuscole: “Aiuto!”.
Le due sorelle hanno pensato inizialmente si trattasse di una loro anziana zia, Adriana, all’epoca in una struttura sanitaria. Ipotizzarono che il telefono fosse stato comprato da Antonio Logli, in carcere per l’omicidio di Roberta, il quale era amministratore dei beni dell’antenata. Ma Sonia e Giovanna, recandosi in visita dalla zia, scoprirono che non possedeva cellulari. I carabinieri trovarono invece che l’utenza era intestata proprio a Logli ed era stata attivata quel giorno da qualcuno che era in possesso dei documenti dell’uomo. Chi ha inviato quel messaggio?
Logli verso la revisione del processo
La difesa di Logli sta lavorando sulla revisione del processo, anche grazie a 8 pagine di appunti che lui stesso ha compilato. In alcuni punti fa riferimento alla strage di Erba e presenta correlazioni con il proprio caso, con particolare attenzione alle testimonianze rese da Loris Gozi, considerato il supertestimone del caso Ragusa. “Se il primo ricordo è diverso dal successivo, la testimonianza non ha alcun valore probatorio”, scrive Logli nei suoi appunti mostrati nel corso di “Quarto grado”.
L’uomo annota anche di testimoni che non sono stati considerati dagli inquirenti ed evidenzia presunte falle nelle indagini: tra esse il suv sul quale Filippo Campiti aveva detto di aver visto salire Roberta e non è stato il solo. E ci sono anche le parole del personale di una paninoteca in cui quella notte si è recata una donna in pigiama per chiedere una bottiglia d’acqua.
Un detenuto contro Gozi
A schierarsi contro la testimonianza di Gozi e a favore di Logli è un ex detenuto che è stato in carcere prima con l’uno e poi con l’altro. L’uomo afferma che Gozi gli avrebbe raccontato di aver mentito per avere degli sconti di pena.
“Vedendo Gozi triste e preoccupato gli chiesi il motivo. […] Gozi mi disse che era preoccupato e aveva paura della Procura di Pisa - ha raccontato l’uomo - perché aveva testimoniato il falso nel caso Ragusa. Preciso che Gozi si confidò con me dopo diverse volte che ci eravamo incontrati e avevamo più confidenza. […] Gozi mi disse che aveva detto di aver visto Logli la notte della scomparsa della Ragusa fermo in auto davanti al passaggio a livello vicino a casa sua, ma questo non era vero. Gozi disse di non aver visto Logli in quella occasione. […] Quando chiesi a Gozi perché aveva detto il falso, lui mi rispose che era manovrato dalla Procura di Pisa e che se avesse detto quello che loro volevano sarebbe potuto uscire di carcere. Non mi ricordo se mi disse proprio dal carcere o da altre misure restrittive”.
L’ex detenuto ha affermato di non averne fatto parola in un primo momento perché temeva di essere giudicato “infame” dagli altri detenuti.
In un secondo momento, trasferito in un altro carcere, dov’era tenuto Logli con il quale aveva frequentato la prima media, vedendo la disperazione del condannato si sarebbe deciso a parlare. Intanto i legali di Gozi stanno valutando se prendere iniziative penali, poiché la testimonianza del loro assistito è stata cristallizzata nell’incidente probatorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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