All'Italia della stabilità la leadership del "Club Med"

L'Italia, per questo, è chiamata a sfruttare la finestra di opportunità odierna per compiere scelte che possano concederle uno stabile upgrading in ambito internazionale

Foto social pubblicata da Giorgia Meloni, con Donald Trump, all'Eliseo
Foto social pubblicata da Giorgia Meloni, con Donald Trump, all'Eliseo
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Presso le principali cancellerie è opinione diffusa che l'Italia e il governo che la rappresenta stiano vivendo un periodo di grande positività. La crisi politico-istituzionale attraversata in contemporanea da Germania e Francia rende il nostro paese la realtà europea più stabile. E ciò accade proprio quando l'arrivo di un nuovo Presidente in America determina una inevitabile riclassificazione nei rapporti transatlantici. Se poi si considerano gli incoraggianti approcci tra l'amministrazione che a breve s'insedierà e Giorgia Meloni, il quadro delle opportunità si amplia e si precisa.

Questo vantaggio di posizione, però, non è destinato a durare in eterno. Una chiara vittoria dei Popolari in Germania potrebbe restituire a quel paese la stabilità perduta. Mentre sul fronte transatlantico vige comunque l'incognita Trump. Legarsi senza remore al nuovo Presidente equivale a salire su un ottovolante, vista l'imprevedibilità che egli ha mostrato in passato. L'Italia, per questo, è chiamata a sfruttare la finestra di opportunità odierna per compiere scelte che possano concederle uno stabile upgrading in ambito internazionale.

A tal fine, deve guardare verso sud; con ancora più determinazione deve puntare sul Mediterraneo, un'area del mondo in piena trasformazione demografica, economica e sociale. Tra il 2021 e il 2022, infatti, il PIL del Mediterraneo Core - che comprende l'Italia e 22 Paesi tra Unione Europea, Balcani, Medio Oriente e Nord Africa -, è cresciuto del 4,8%, superando le performance di economie globali come Cina e Stati Uniti. Nel 2022, l'export è aumentato del 19,7% e contestualmente la popolazione ha registrato una crescita dello 0,8%, pari a 3,7 milioni di persone.

Questi dati, tra l'altro, ci aiutano a comprendere alcune delle ragioni che hanno determinato il rilancio del nostro Sud nella fase post pandemica. Il Mezzogiorno è un motore del Mediterraneo, posizionandosi al terzo posto per attrattività economica tra i paesi della regione. Se questo dato dovesse ancor più rafforzarsi, la «convergenza» tra Sud e resto del Paese diverrebbe non più una chimera, determinando per l'Italia un risultato storico. In questa stessa cornice va valutato il potenziale impatto del Piano Mattei. Un successo del programma, ci consentirebbe di riguadagnare la credibilità che altri Paesi europei hanno compromesso, alimentando l'instabilità, come accaduto in Nord Africa dopo le Primavere arabe. Ma i soldi stanziati per i progetti pilota in nove Paesi africani, non rappresentano solo una strategia per l'Africa. Sono anche l'occasione per il nostro Mezzogiorno di consolidare il suo ruolo di cerniera tra Nord e Sud del mondo; tra Europa, Africa e Medio Oriente con un occhio anche alle rotte commerciali che portano all'Asia.

Qui il discorso assume, per forza di cose, anche una valenza strategica che ci porta a considerare il Mediterraneo latu sensu, esteso anche all'area mediorientale. Le tensioni in Medio Oriente, infatti, rappresentano una sfida per l'efficacia del Piano Mattei. L'Italia, d'altro canto, vanta nella regione una lunga e consolidata presenza, riconosciuta ed apprezzata per il suo equilibrio. Tale approccio pragmatico e realistico, sperimentato in Libano, potrebbe aiutare il nostro Paese a diventare uno stabile punto di riferimento, soprattutto se si considera che in paesi importanti come la Siria e l'Iran si intensificano i segnali che fanno immaginare evoluzioni degli assetti politici dipendenti anche dall'accelerazione di dinamiche sociali profonde.

Per interpretare questa politica, non si dovrà scrivere su una pagina bianca.

Negli anni Cinquanta, quando gli equilibri del mondo post-bellico cambiarono sensibilmente, l'Italia seppe sfruttare il dialogo con il mondo arabo per costruire solidi rapporti, trasformandoli in strumenti strategici in grado di rafforzare la sua relazione transatlantica. Lo chiamarono «neo-atlantismo». Oggi, in un Mediterraneo che torna a essere un crocevia nella storia globale, il nostro paese ha l'opportunità, come forse mai prima, di rinnovare quella stagione.

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