Caso Bija, tutela della polizia per il giornalista che ha svelato il caso

Nello Scavo, giornalista di Avvenire che nei giorni scorsi ha svelato l'incontro tenuto dal trafficante libico Bija in Italia nel 2017, è stato posto sotto tutela da parte della polizia

Caso Bija, tutela della polizia per il giornalista che ha svelato il caso

Dopo le inchieste pubblicate su Avvenire, adesso per Nello Scavo è scattata la protezione della Polizia: l’autore degli articoli che hanno raccontato le visite di Bija, il trafficante libico, in Italia nel 2017 ha ricevuto minacce tali da essere meritevole di tutela da parte delle forze dell’ordine.

Tutto risale al 4 ottobre scorso, quando sul quotidiano dei vescovi italiani il giornalista ha tracciato il profilo di Abdou Rahman, un libico presente l’11 maggio del 2017 all’interno del Cara di Mineo in veste di componente della delegazione libica partecipante ad un incontro con funzionari italiani. Abdou Rahman è il vero nome di colui che lungo le coste della Tripolitania è meglio noto come “Bija”, nome di battaglia acquisito durante la guerra contro Gheddafi del 2011.

Si tratta di uno dei trafficanti più temuti di tutta la Libia, coinvolto in diversi dossier tanto delle Nazioni Unite quanto di altri giornalisti. Sul The Times, nel febbraio del 2017 è comparso un video dove Bija, distinguibile per una menomazione della mano destra, stava picchiando un gruppo di migranti con addosso una divisa.

Questo perché, come attestato in varie inchieste, il trafficante si è poi trasformato all’occorrenza anche in membro della Guardia Costiera libica, operando nella sua città, ossia a Zawiya.

Nello Scavo, nel suo reportage, ha ricostruito per l’appunto la vicenda che lo ha portato Bija in Italia. All’interno del Cara di Mineo, il trafficante libico ha partecipato ad un vertice con funzionari italiani, presentandosi come uno dei componenti della Guardia Costiera del suo paese.

Dopo il reportage pubblicato su Avvenire, sono nate non poche polemiche politiche: l’Oim, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di migrazioni, ha dichiarato tramite i suoi portavoce che a volere quell’incontro in Sicilia è stato il Viminale, all’epoca retto da Marco Minniti, ministro del governo Gentiloni.

Per questo sono state presentate anche interrogazioni parlamentari, con spiegazioni chieste da più parti anche all’attuale esecutivo. In generale, è sorto sotto il profilo politico il dibattito circa i rapporti tra Italia e Libia e, in special modo, con la Guardia Costiera di Tripoli. Un corpo militare che dovrebbe rispondere al governo del premier Fayez Al Sarraj, ma che nella realtà appare composto in parte da miliziani che, a seconda della convenienza, occupano il ruolo di trafficanti o di membri della Guardia Costiera.

Nello Scavo, nei giorni scorsi, ha anche provato ad intervistare lo stesso Bija. Poche le risposte fornite dal libico, in molte di queste si è limitato a ribadire che quanto scritto su di lui corrisponde solo a tante bugie. Ed al giornalista di Avvenire ha anche inviato la foto di un’altra collega italiana, ossia Nancy Porsia. Quest’ultima è stata la prima tra il 2015 ed il 2016 a parlare dei traffici in cui è coinvolto Bija.

Una minaccia non tanto velata, che ha fatto quindi propendere le forze dell’ordine a porre sotto tutela anche Nello Scavo, accusato anch’egli da Bija di aver raccontato solo bugie.

Sul caso nei giorni scorsi è intervenuto Vittorio Crimi, viceministro dell’interno: “Le minacce, neanche tanto velate, di Bija sia contro Nancy Porsia che contro Nello Scavo – ha scritto Crimi – per l'inchiesta che sta conducendo per Avvenire

sono intollerabili. Invece di rispondere nel merito accusa il governo Italiano di affermare il falso e oltremodo attacca chi cerca di fare luce sulla sua visita in Italia anche se indicato come trafficante di esseri umani”.

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