Assolto dal Csm il pm Teresi che criticò i giudici del processo Mori

La sezione disciplinare ha riconosciuto «scarsa rilevanza del fatto»

Assolto dal Csm il pm Teresi che criticò i giudici del processo Mori


Quasi 3 anni fa il pm di Palermo Vittorio Teresi si è lasciato scappare un voto «quattro meno» alla sentenza che in primo grado ha assolto il generale Mario Mori dall’accusa di favoreggiamento del boss Bernardo Provenzano, proprio ieri confermata dalla Corte d’appello di Palermo. Subito dopo il magistrato ha riconosciuto che non avrebbe più pronunciato quelle parole, ma gli sono costate un procedimento disciplinare al Csm per «comportamento gravemente scorretto» nei confronti dei suoil colleghi giudici. Ora la Sezione disciplinare ha chiuso la vicenda, assolvendolo per «scarsa rilevanza del fatto», come chiedeva la stessa procura generale della Cassazione.
Una vicenda che appare oggi abnorme, anche considerando due freschi episodi che riguardano due membri del Csm, subito chiusi senza conseguenze per evitare scontri tra magistratura e governo: quello dell’intervista poi smentita del togato di Md Piergiorgio Morosini e quello delle dichiarazioni del laico Pd Giuseppe Fanfani sull’arresto del sindaco dem di Lodi.
Le cose, per Teresi, andarono così: prima dell’inizio di una conferenza stampa su un’operazione contro esponenti mafiosi di Partinico, il pm fu avvicinato da una giornalista che gli chiese che voto avrebbe dato, da insegnante, alla sentenza sull’ex comandante del Ros, le cui motivazioni erano state appena depositate.


Teresi rispose e spiegò pure il perchè di quella insufficienza secca: «Chi l’ha scritta è andato fuori tema: dedicare le prime 800 pagine all’ipotesi di movente, presentata dall’accusa e occuparsi solo in minima parte del merito del processo, cioè la mancata cattura di Provenzano, è un modo curioso scelto dall’estensore per scrivere le decisioni».
Davanti al «tribunale delle toghe» il procuratore aggiunto di Palermo ha ammesso apertamente di aver sbagliato, con la sua risposta «estemporanea». «É stata una dichiarazione improvvida- ha detto-, di cui mi sono pentito due secondi dopo averla pronunciata, e ancora me ne dolgo». Ma Teresi ha anche evidenziato che il caso esplose soprattutto perchè qualche giorno dopo un settimanale siciliano mise il suo «quattro meno» come titolo di un articolo al vetriolo sui giudici del processo. E contro quel giornalista ha usato parole pesanti: «Più che di un articolo si è trattato di un delirante atto criminale, mosso da intenti diffamatori e dunque da querela come poi è stato. Io non l’ho ispirato e ho manifestato ai colleghi forte e sentita solidarietà».
Prima che Teresi prendesse la parola, il rappresentante della Procura generale della Cassazione Luigi Salvato aveva già chiesto l’assoluzione, dicendo che quello che è successo «non è nulla di più che una caduta di stile», per un magistrato dal profilo professionale ineccepibile. La procura di piazza Cavour non avrebbe voluto nemmeno il processo: nei mesi scorsi aveva presentato una proposta di archiviazione in istruttoria, respinta però dalla Sezione disciplinare del Csm. Che con questo ha congelato la carriera di Teresi per quasi 3 anni, bloccando sue richieste per incarichi importanti.

Ma alla fine a palazzo de’ Marescialli si è dovuto convenire, dopo nemmeno mezzora di camera di consiglio, che il processo non era giustificato. «La sentenza ricostruisce fedelmente l’accaduto - commenta il difensore del pm palermitano, l’avvocato e docente Mario Serio, exconsigliere del Csm- e le genuine intenzioni del procuratore Teresi, che ha solo fatto una battuta estemporanea, con cui non ha mai inteso mettere in dubbio la competenza professionale e l’assoluta indipendenza dei giudici; doti da tutti, e per primo dal procuratore Teresi, riconosciute». Serio ha apprezzato «il grande equilibrio» della sezione disciplinare, che ha «circoscritto la vicenda a quello che era».

E ha letto nella sentenza anche un riconoscimento del fatto che nei pm che hanno portato avanti il processo sulla trattativa Stato-mafia, «non c’è mai stato, fin dai tempi del conflitto d’attribuzioni che ha coinvolto l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, furore ideologico o malafede».
Un modo per dire che forse Teresi è stato il capro espiatorio per scontri politica-toghe ben diversi dal caso in questione.

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