Un passo avanti, due indietro. Lo slogan di Lenin (un criminale, ma geniale inventore di parole d'ordine) è il più adatto per definire la Ue. Nei momenti di svolta, quando emergenze e crisi richiedono capacità di decisione e di esecuzione rapida, il pachiderma riesce a muoversi. Ma viene subito frenato dalla burocrazia e dalla logica procedurale, figlia della concezione germanica: non a caso fu un tedesco, Max Weber, a definire la burocrazia una gabbia d'acciaio. Se gli Stati Uniti, nei loro primi decenni di vita, avessero posseduto un equivalente della euro burocrazia, sarebbero ancora oggi entro i confini del Mississippi. Basti vedere gli accadimenti degli ultimi giorni. Draghi, supportato dagli Usa, spinge per un ingresso dell'Ucraina nella Ue. Un passo fondamentale per assicurare non solo solidarietà fattiva a Kiev, ma anche per integrarla in una rete di sicurezza e da lì poter negoziare seriamente con Putin. Francia e soprattutto Germania sono inizialmente perplesse, anche perché l'ingresso dell'Ucraina sposterebbe la bilancia dall'asse Parigi-Berlino verso quello centro orientale. Poi Draghi (e Biden) li convincono e il viaggio di ieri sigla il patto. Ed è qui che a rovinare tutto, e a lanciare un assist a Putin, arrivano la burocrazia e le cosiddette procedure. Siete «candidati alla membership» ricorda subito il burocrate: staccate il cartellino e mettetevi in fila, prima o poi ci occuperemo di voi. E comunque ci vorranno anni. La stessa von der Leyen ricorda che gli ucraini, prima di entrare, dovranno riformare il loro sistema. Già, ma sotto le bombe e con i carri armati in casa? Suona come una beffa. Se davvero l'Ucraina dovesse seguire il tracciato previsto, avrebbero ragione i propagandisti moscoviti, quando raccontano agli ucraini che gli europei si stanno prendendo gioco di loro. E verrebbe pure da pensare a un «jeux de dupes», per dirla in francese: Macron e Scholz avrebbero acconsentito, sapendo che tutto verrà rinviato alle calende di Bruxelles. E magari quel brav'uomo di Orbán metterà pure il veto. È il momento di dire basta. Di far zittire la burocrazia o almeno, come diceva De Gaulle, di farla seguire: cioè di farla obbedire agli ordini della politica.
È tempo di introdurre eccezioni alla norma, fondamentali laddove vi sia emergenza (e v'è), che consentano alla Ucraina ed eventualmente anche alla Moldavia (minacciata ieri da Lavrov) di entrare immediatamente, nei prossimi mesi, altro che anni. Non credo che i burocrati di Bruxelles ci ascolteranno: ma se la costruzione europea finirà come un Titanic, sapremo chi saranno i responsabili.
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