"C'è il suo Dna", l'algerino stupratore incastrato dopo 15 anni

Ibrahim Jalel, 49 anni, è stato condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione per la violenza sessuale e la rapina commesse ai danni di una donna italiana nell’agosto del 2006 a Milano

"C'è il suo Dna", l'algerino stupratore incastrato dopo 15 anni

Dopo quasi 15 anni ha avuto giustizia una donna, oggi di 56 anni, violentata e rapinata il 20 agosto 2006 in zona Porta Vittoria a Milano. Il suo stupratore, Ibrahim Jalel, è stato infatti condannato dal gup di Milano a 13 anni e 4 mesi di reclusione. L’uomo, algerino di 49 anni con numerosi precedenti, probabilmente pensava di farla franca dopo tutto quel tempo passato ma a incastrarlo, seppure a distanza di oltre un decennio dalla brutale aggressione, è arrivata la prova regina di ogni processo, il Dna.

I fatti risalgono all’estate 2006 quando in una città semi deserta la vittima mentre stava raggiungendo a piedi la fermata dell’autobus in viale Umbria per recarsi a lavoro, era stata avvicinata all'alba da un cittadino nordafricano, il quale, con la scusa di domandare l’ora, l’aveva dapprima afferrata per le braccia, poi, una volta messale la mano davanti alla bocca per impedirle di chiedere aiuto, l’aveva trascinata con brutalità in un’area dismessa dove, minacciandola con una grossa pietra, l’aveva costretta a spogliarsi e a subire ripetuti rapporti sessuali. Subito dopo, le aveva strappato una catenina d’oro, 20 euro e il telefono cellulare, dandosi alla fuga verso piazzale Loreto. Nel corso del tempestivo sopralluogo eseguito da personale del nucleo operativo e della sezione investigazioni scientifiche dell’Arma erano stati trovati e repertati alcuni mozziconi di sigaretta, uno dei pendenti che indossava la donna, il sasso utilizzato come arma ed un capello nero. Dai reperti, oltre ai tamponi e ai vestiti indossati dalla vittima, i Ris di Parma aveva ricavato un profilo genetico di un soggetto ignoto non presente, però, in nessun database. E quindi, non essendo emersi ulteriori elementi nel corso delle incessanti indagini, il procedimento penale era stato archiviato nel 2007. Poi a novembre 2020 è arrivata la svolta inaspettata quando i tecnici della Banca Dati Nazionale del Dna, hanno riscontrato la corrispondenza tra il campione genetico dell’autore della violenza sessuale con quello corrispondente a Jalel, al quale era stato prelevato il Dna nell’aprile del 2017 nel carcere di San Vittore in cui si trovava per una caso di furto.

Subito i Ris di Parma hanno avvisato i colleghi milanesi della compagnia Porta Monforte, che coordinati dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, hanno riaperto l'indagine. È stata ricontattata la vittima alla quale è stata mostrata in un confronto fotografico anche il viso Jalel. Quando la donna ha visto le foto ha subito riconosciuto il suo aggressore senza avere il minimo dubbio.

A quel punto è partita la caccia all’uomo che si è conclusa il 16 gennaio davanti alla stazione Centrale di Milano quando Jalel è stato arrestato e portato nuovamente a San Vittore. Oggi la condanna in abbreviato del giudice che ha quasi accolto la richiesta a 15 anni e 4 mesi della Procura mentre la difesa puntava sull’assoluzione.

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