Tira una brutta aria. E non è colpa di Caronte. Non solo, almeno. Perché c'è una temperatura dello scontro che temiamo non accennerà a scendere neppure con la fine dell'estate. Il tribunale dell'inquisizione del politicamente corretto è più attivo che mai. La sinistra ha armato il suo plotone di esecuzione morale che ha nel mirino tutto quello che si muove fuori dal proprio perimetro. Non è neppure necessario appartenere organicamente all'area dei conservatori, basta non essere di stretta osservanza progressista per trovarsi cucita addosso la lettera scarlatta.
Non è un episodio singolo. Se mettiamo insieme le censure ad personam delle ultime settimane ci accorgiamo di quanto la situazione stia sfuggendo di mano. L'esempio più recente è quello di Filippo Facci: nei suoi confronti è stata applicata una cancel culture preventiva. Un caso da manuale. Il suo programma - una striscia quotidiana di 5 minuti sulla seconda rete nazionale - è stato annullato ancora prima di partire con la scusa dell'infelice frase sul caso La Russa jr. Pd e femministe sono saliti sulle barricate e sui giornali sono state spiattellate intercettazioni di messaggi privati del giornalista e dell'ex moglie. Sputtanato come se fosse un boss mafioso.
Ma c'è una vera e propria Internazionale che vuole conservare lo status quo, cioè l'egemonia culturale della sinistra: pochi giorni dopo Beatrice Venezi - direttore d'orchestra di fama mondiale - viene boicottata a Nizza in quanto «neofascista». Il delirio continua: il maestro Alberto Veronesi viene cacciato in malo modo dal Festival Pucciniano per aver diretto con una benda sugli occhi una Bohème brutalizzata in chiave sessantottina; Paolo Petrecca, numero uno di Rainews 24, finisce nel mirino del soviet di redazione fondamentalmente per aver fatto il suo lavoro e soprattutto perché non fa parte della casta rossa; Alessandro Giuli - a capo del Maxxi - viene attaccato per aver invitato nel museo capitolino Vittorio Sgarbi, a sua volta finito sulla graticola del politicamente corretto per aver fatto semplicemente il Vittorio Sgarbi che conosciamo da quasi 40 anni e la lista potrebbe continuare e, purtroppo, continuerà a lungo. Perché quella ingaggiata dalla sinistra è una caccia all'uomo che non conosce differenze: un intellettuale o un presentatore di destra valgono quanto i cronisti che hanno pronunciato frasi stupide e fuori luogo ai mondiali di tuffi. Vanno eliminati.
Chi non fa parte del circolino rosso può avere anche referenze, curricula chilometrici e
anni di esperienza sul campo, ma ai loro occhi rimane sempre un usurpatore. Tuttavia alla maggioranza degli italiani è ben chiaro un concetto: né la Rai, né la cultura in generale sono cosa loro. Se ne facciano una ragione.
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