Cercheremo di rimanere seri, benché risulti difficile. Tuttavia nel pieno di una crisi politica a livello nazionale, con le elezioni alle porte, l'inflazione che corre, il caro energia, le materie prime ai massimi, le mosse della Bce sui tassi, la pandemia e via disgrazie dicendo, in Emilia Romagna c'è chi si preoccupa delle quote rosa delle statue. Ripetiamo, per sicurezza: le quote rose delle statue.
Succede che oggi in Regione i consiglieri si siano trovati di fronte ad una risoluzione firmata dalla Capogruppo di Europa Verde, Silvia Zamboni, che impegna la giunta regionale a istituire "un fondo regionale a sostegno della realizzazione di statutaria pubblica per le persone illustri dedicata in particolare a donne" distintesi "per meriti professionali, culturali, scientifici, sociali e civici" ma rimaste "immotivatamente prive di un riconoscimento nello spazio pubblico". Tradotto da burocratese: bisogna impegnare delle risorse pubbliche, cioè le tasse dei cittadini, per pareggiare i conti tra maschi e femmine. Non vuoi mettere vicino a Ugo Bassi anche una Uga Bassi? E perché di fronte alla Sala Borsa c'è il famoso Nettuno e non una più politicamente corretta Sirenetta? Ci manca solo che considerino le due torri dei simboli fallici, e saremmo a cavallo.
Scherzi a parte, la risoluzione pare roba "seria". Scrive la Zamboni che le statue pubbliche "contribuiscono a plasmare il modo di pensare" e dunque l'assenza, o la ridotta presenza, di signore fa sì che si perpetui "l'impari condizione di genere". Maschilsmo scolpito sulla pietra. La risoluzione si basa su una ricerca condotta da un'associazione secondo cui, escludendo la Madonna (lei non conta?), le figure allegoriche (Patria e Vittoria) o mitologiche (Venere e Grazie), di statue dedicate alle figure femmilini se ne conterebbero circa 190 in tutta Italia. Di queste, 80 riguardano figure anonime come le partigiane o le mondine. E 110 si riferiscono a personaggi realmente esistiti. Bene. Sono poche? Può darsi. Ma c'è da trasformarla in battaglia politica?
Il dramma poi è che ci si lamenta pure di una sorta di patriarcato statutario. Quando la donna viene scolpita, sostiene la mozione, spesso finisce con l'essere "stereotipata". Tipo signore "rappresentate mentre svolgono lavori umili e pesanti" (sai che scandalo) oppure "mentre aspettano il ritorno dei mariti dal lavoro o crescono i figli" (anvedi che strano). Non solo. Zamboni si scandalizza pure perché le statue spesso si distinguono "per la bellezza e la sinuosità del corpo" (machisti! machisti!) con "un'enfasi su dettagli leziosi" con corpi "nudi", fortemente "sessualizzati" e con tanto di "connotazione erotica". Tradotto: "Lo spazio pubblico oggi è androcentrico" (giuro, è scritto così) sia perché i soggetti sono in maggioranza uomini, sia perché a realizzare le opere sono spesso degli artisti maschietti.
La risoluzione è stata approvata in Commissione dall'intero centrosinistra unito. Anzi: dal campo largo composto da Verdi, Pd, Azione, M5S, Emilia Coraggiosa e Lista Bonaccini. Se Letta ci spera ancora all'alleanza col M5S, potrebbe partire da qui: dalle quote rosa delle statue.
"Questa risoluzione - dice Marco Lisei, consigliere di FdI - nasce da uno studio da cui hanno tolto tutte quelle con gli abiti succinti o le religiose, come Madre Teresa di Calcutta, o Matilde di Canossa, la pescivendola e la donna col bambino". Insiste Lisei: "Hanno escluso le donne che a loro non piacevano: 'Madre Teresa no perché è stata rappresentata per il suo ruolo religioso'. Ma che vuol dire? Questi soldi magari sarebbe il caso di metterli su cose più importanti".
Anche dalla Lega si levano voci di protesta: "Un provvedimento del genere non è giustificabile né forse comprensibile dalle donne-mamme che magari non riescono a trovare un posto al nido per i loro figli, o per le famiglie che hanno difficoltà a pagarne le rette".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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