Egregio Direttore,
ho molto apprezzato il suo editoriale di venerdì scorso, Il tabù dell'indulto. In particolare, l'assunto da cui muove l'intero ragionamento: ovvero la violazione sistematica da parte dello Stato dei «patti sottoscritti con i cittadini che alla voce detenzione prevedono condizioni chiare e inderogabili di dignità e sicurezza sia per i detenuti sia per il sistema carcerario addetto alla loro custodia. Se queste condizioni vengono a mancare in modo grave e continuo, lo Stato si mette sullo stesso piano dei rei, in pratica è uno Stato fuorilegge».
Ecco, questo è il punto cruciale: la persistente condizione di illegalità in cui versa il sistema penitenziario italiano richiede, perché sia sanata, scelte urgenti e radicali. Tutti con la sola eccezione di quel buontempone del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro riconoscono che le carceri si trovano in uno stato di acutissima emergenza. E i 7 suicidi tra i poliziotti penitenziari nel corso del 2024 - più che in ogni altro corpo di polizia - ne sono la più tragica conferma. Ed è proprio questo a esigere provvedimenti altrettanti emergenziali, quali l'amnistia e l'indulto. In un sistema dove l'indice di sovraffollamento ha raggiunto il 135 per cento (il che equivale a una carenza di 15 mila posti), non sono più differibili misure capaci di determinare una drastica deflazione.
Il sistema penitenziario attuale è un corpaccione enfiato e febbricitante, che va ricondotto a più ragionevoli proporzioni perché vi si possano attuare riforme strutturali. Ma, nel frattempo, ridurre in misura significativa il numero dei detenuti è una necessità ineludibile. Anche perché, contrariamente a quanto sostenuto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, tutte le indagini scientifiche mostrano la stretta correlazione tra sovraffollamento e suicidi e atti di autolesionismo.
Rispetto a una simile situazione, un provvedimento di clemenza può ripristinare uno stato di relativa normalità e consentire l'avvio di riforme di sistema. I critici dell'amnistia e dell'indulto insistono su due argomenti. Il primo: gli effetti benefici della clemenza «durerebbero non più di tre anni». Vero. Ma sono proprio quei tre anni a costituire il tempo necessario perché vengano adottate misure di più lungo periodo (per esempio quelle relative alle pene alternative, alla custodia cautelare e alle sanzioni per tossicodipendenti e pazienti psichiatrici). Il secondo: l'indulto «alimenta la recidiva». Ancora una volta i dati scientifici smentiscono questa tesi. Secondo una ricerca commissionata dal ministero della Giustizia, tra i beneficiari dell'indulto del 2006, degli oltre 27 mila detenuti liberati, il 35 per cento era rientrato in carcere cinque anni dopo, a fronte di un dato generale che vede intorno al 67 per cento la percentuale di recidiva registrata tra quanti scontano interamente la pena in carcere. E secondo un'altra indagine, pubblicata sul Journal of Political Economy, il tasso di recidiva tra i beneficiari dell'indulto del 2006 non supererebbe in realtà il 25 per cento. Dunque, la percentuale di reiterazione del reato viene ridotta, nella peggiore delle ipotesi, di quasi il 50 per cento. Un risultato estremamente positivo.
Tenuto conto di tutto questo la proposta di un provvedimento di clemenza appare come strettamente necessaria: non si tratta di una «resa» dello Stato ma, all'opposto, di una previsione costituzionale (art. 79) intesa come atto di politica penale e di clemenza generale, che potrebbe assumere i connotati di una legge di amnistia e di indulto per i reati e i residui pena fino a due anni.
In poche settimane, con l'indulto uscirebbero dal carcere circa 16 mila detenuti; e con l'amnistia per i reati minori si alleggerirebbero i carichi di lavoro degli uffici giudiziari e per qualche tempo si eviterebbero nuove carcerazioni per reati minori.
Se ho ben capito vanno in questa direzione o non vi si oppongono le parole del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, del presidente del Cnel Renato Brunetta e dello stesso presidente del Senato Ignazio La Russa.
Mi auguro che una simile prospettiva sia considerata con la necessaria attenzione da quelle componenti del centrodestra che si ispirano a valori liberali, socialisti, cristiani e garantisti.Grazie dell'attenzione e buone feste.
Luigi Manconi
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