A bbiamo passato l'inverno a fare la danza della pioggia fino a quando i livelli di Pm10 non sono rientrati sotto la soglia di allarme, ci sacrifichiamo tra targhe alterne e domeniche a piedi, sopportiamo balzelli di ogni tipo pur di avere meno automobili in circolazione. Adesso che è sbocciata la primavera il nemico numero uno sono diventati i pollini. E se nel frattempo ci siamo convinti a girare in bicicletta, teniamo a portata di mano una mascherina antismog perché non si sa mai... Comportamenti comuni in una società che ha messo al centro dei nostri pensieri l'attenzione per l'ambiente e per l'aria che respiriamo. Eppure, presi a osservare quell'atmosfera bigia fuori dalla finestra, spesso non ci accorgiamo che le minacce maggiori per la salute si nascondono alle nostre spalle, molto più subdole e insidiose di una circonvallazione in città nell'ora di punta. Lo dicono i medici, cartelle cliniche alla mano, supportati da studi scientifici e dati statistici. Tanto che si è arrivati a codificare una Sick building syndrome, «sindrome da edificio malato». Altro che nido e rifugio sicuro, l'inquinamento più temibile è quello domestico, per cui l'aria tra le quattro mura può essere fino a 40 volte più insalubre di quella esterna. Dove agiscono «killer» silenziosi e sotto copertura, protetti da un indirizzo davvero insospettabile. Quello di casa nostra.
EMERGENZA GLOBALE
Il fenomeno dell'«indoor pollution» ha numeri da brivido: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità a livello globale è la principale causa di morte legata a cause ambientali, con quasi 4 milioni di decessi ogni anno. In Europa, è responsabile di circa il 5% delle morti per tutte le cause tra i bambini da 0 a 4 anni, che insieme agli anziani e ai malati cronici sono i più esposti. Nel nostro Paese la prima valutazione dell'impatto sulla salute e sulla spesa sanitaria pubblica è stata fatta dalla Commissione Indoor, organismo ministeriale composto da ingegneri, architetti, medici del lavoro, allergologi ed epidemiologi, e risale al 2001. L'indagine ha tenuto conto degli effetti diretti e ha fatto luce solo sugli inquinanti che causano effetti più gravi e per i quali, all'epoca, esistevano evidenze concrete. Il conto complessivo annuo è stato stimato tra i 152 e i 234 milioni di euro. Ma, avverte il ministero della Salute, «il danno economico e sociale è più elevato, visto che non sono stati tenuti in considerazione i costi indiretti» come il calo della produttività sul posto di lavoro e nelle scuole.
Nell'ultimo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) troviamo altri dati interessanti. In Italia, come negli altri Paesi industrializzati, la popolazione trascorre in media l'80-90% della giornata in ambienti chiusi, in primo luogo le abitazioni e i luoghi di lavoro, senza dimenticare alberghi e mezzi di trasporto. Incrociando i risultati degli esperimenti svolti in una ventina di città si scoprono valori di concentrazione di inquinanti indoor ben al di sopra delle soglie tollerate dall'Oms. Alcuni esempi: la formaldeide, un composto presente nei mobili e in svariati materiali edili, con valore massimo cinque volte superiore al valore guida; il benzene, idrocarburo aromatico presente nei derivati del carbone e del petrolio, valore massimo riscontrato dieci volte oltre il limite indicato dalla legge addirittura per l'aria esterna e tre volte maggiore rispetto alla concentrazione associata al rischio per la vita; non va meglio nel caso del particolato, le polveri sottili, la cui concentrazione massima rilevata in ambienti chiusi corrisponde rispettivamente a 8 e 20 volte i limiti giornaliero e annuale outdoor.
SIAMO CIRCONDATI
In cima alla lista nera dei veleni a domicilio c'è il fumo di tabacco, nonostante i tanti passi avanti fatti in decenni di campagne di sensibilizzazione. «Smettere di fumare è il punto di partenza. Poi bisogna fare attenzione a come si cuoce il cibo e alle fonti di riscaldamento», ricorda Maria Triassi, direttrice del Dipartimento di Sanità pubblica del Policlinico Federico II di Napoli. Sul banco degli imputati finiscono pure i prodotti per la pulizia della casa, quindi colle, adesivi, solventi, profuma-ambienti, incensi, insetticidi e antiparassitari. L'elenco è affollato quanto gli scaffali dei prodotti disponibili sul mercato. «Perciò raccomandiamo un uso parsimonioso di detergenti e detersivi aggressivi, che possono causare disturbi respiratori o allergie dovuti alle sostanze chimiche che rilasciano nell'aria, e di privilegiare rimedi naturali», spiega. Tuttavia non si tratta solo di badare a ciò che compriamo e che ci portiamo in casa, magari non leggendo affatto etichette e avvisi sulla tossicità delle sostanze. Spesso le fonti di inquinamento si trovano negli elementi strutturali (soffitti, pareti, pavimenti) e nei materiali di costruzione (vernici, rifiniture). «L'arredamento gioca un ruolo fondamentale, pensiamo a mobili, rivestimenti, moquette, carte da parati, tappezzeria e tessili. Altro aspetto da non sottovalutare è la manutenzione dei condizionatori d'aria, tra i principali responsabili dell'inquinamento microbico. Fino al caso limite della legionella, un pericoloso batterio che si annida nelle acque di raffreddamento se non si fa una costante pulizia dei filtri». In generale, quindi, «per ristabilire un microclima accettabile è consigliabile aprire le finestre e aerare le stanze anche per pochi minuti al giorno, più volte al giorno», suggerisce Triassi.
Altre minacce per la salute vengono dagli acari della polvere, dalle muffe o dagli allergeni legati alla presenza di animali domestici. Come un capitolo a parte - e particolarmente controverso, se si guarda al dibattito sulle conseguenze dell'esposizione ai campi elettromagnetici - meritano gli elettrodomestici e quegli strumenti hi-tech (pc, telefoni cellulari, tablet, tv, impianti wi-fi) presenti praticamente in qualsiasi casa, in ogni stanza, nonché negli ambienti di lavoro (insieme a stampanti e fotocopiatrici). Insomma, il cocktail delle sostanze con cui entriamo in contatto quotidianamente può rivelarsi micidiale.
MINACCE DAL SOTTOSUOLO
Siamo allora destinati ad ammalarci comodamente seduti sul divano in salotto? «Niente panico o inutili allarmismi, per carità. Serve solo maggiore consapevolezza del problema», risponde Armando Santoro, direttore del Cancer Center all'Humanitas di Milano. Limitare i danni è possibile e per migliorare la qualità dell'aria domestica non è necessario rinnegare il progresso o ritirarsi in una caverna. «Dobbiamo abituarci a ragionare in un'ottica di prevenzione che parte dallo stile di vita, da un'alimentazione sana al rifiuto della sedentarietà. Dal mio osservatorio di oncologo - prosegue Santoro - noto che tra le sostanze tossicologiche su cui si concentra l'attenzione (e la preoccupazione) crescente dei pazienti c'è senza dubbio il radon, che nell'immaginario comune sta cominciando a prendere il posto dell'amianto». Si tratta di un gas radioattivo di origine naturale presente nel sottosuolo, pericoloso per la salute perché inodore e incolore, e si ritiene possa rappresentare un concreto rischio per le abitazioni almeno fino al terzo piano di altezza. Si stima che nel nostro Paese circa il 10% di tutti i tumori polmonari siano attribuibili al radon 222, in un numero compreso tra 1.500 e 6.000 nuovi casi l'anno. «L'Italia non ha ancora una legislazione specifica, come del resto molti altri Paesi europei - ragiona Santoro -. Bisognerebbe realizzare una mappatura omogenea del rischio, alcune Regioni sono più avanti rispetto ad altre. Nel nostro piccolo, possiamo adottare misure quasi banali e di buon senso: aerare spesso i locali, e poi intervenire dalle fondamenta della casa ad esempio con canali di ventilazione e pavimenti impermeabilizzati. O attrezzarsi sin dall'inizio in caso di nuove costruzioni».
CAPIRE L'ARIA CHE TIRA
Per tornare a sentirsi sicuri a casa propria la prima arma è l'informazione. Rita Dalla Rosa, giornalista esperta di consumi e che ha dedicato all'argomento un libro dal titolo eloquente, Casa tossica (Terre di mezzo Editore), non ha dubbi: «Se siamo abbastanza consapevoli della qualità dell'aria tra quattro mura? La risposta è no». E aggiunge: «Indaffaratissimi a verificare sulle etichette di ogni alimento tracciabilità, ingredienti e additivi prima di metterlo nel carrello, pochi di noi fanno la stessa cosa se devono acquistare un tavolo, la moquette o una lampada. Mentre sarebbe opportuno approfondire le caratteristiche tecniche anche di questi prodotti». Con un doppio «ritorno» dell'investimento di tempo e denaro. Per se stessi, perché «l'adozione di comportamenti più idonei per l'uso in tutta sicurezza di un oggetto o di una sostanza - osserva Dalla Rosa -, ci preserva da guai che potrebbero a volte dimostrarsi seri».
E per l'intera collettività, poiché «le nostre scelte d'acquisto saranno in grado di imporre alle aziende produttrici comportamenti sempre più virtuosi». Così scacceremmo la tentazione di chiamare i Nas ogni volta che varchiamo la soglia di casa.
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