Sono in cinque e sono stati tutti iscritti nel registro degli indagati della procura di Roma per concorso in sequestro di persona. Sono coinvolti nell'inchiesta sulla scomparsa, le torture e la morte di Giulio Regeni, sparito in Egitto il 25 gennaio 2016 e ritrovato, senza vita, il 3 febbraio, sul ciglio della strada che collega il Cairo ad Alessandria.
Tra le persone alle quali il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano il reato, cinque ufficiali appartenenti al Dipartimento Sicurezza nazionale, ovvero l'equivalente del servizio segreto civile, e all'Ufficio dell'investigazione giudiziaria del Cairo (la polizia investigativa). Si tratterebbe del generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, il maggior Magdi Sharif, l'agente Mahmoud Najem e, secondo le prime ricostruzioni, il ruolo dei cinque era stato cristallizzato nell'informativa di un anno fa di Ros e Sco.
Secondo quanto riportato nei documenti, che i magistrati romani avevano sottoposto da tempo all'attenzione degli omologhi egiziani, facendo presente che l'ordinamento giuridico italiano, a differenza di quello egiziano, impone l'iscrizione sul registro degli indagati dei sospettati per poter proseguire nelle indagini, sarebbe emerso il forte sospetto che il ricercato friulano fosse
stato sorvegliato e seguito almeno fino alla data del 22 gennaio 2016. L'attività di pedinamento e di controllo sarebbe poi proseguita tre giorni dopo, data della sparizione del ragazzo.
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