Lo Stato spesso è un principe sciagurato. Nella sua forma peggiore è un feudatario piuttosto schizofrenico. Quando c'è da riscuotere tratta metà dei suoi sudditi come mezzadri e chiede anche più della metà di quanto producono. Sono quelli che per dovere o per costrizione non si nascondono al fisco. Tutti gli altri in qualche modo la fanno franca. Questo strano padrone ha però anche la vocazione, clientelare, a scialacquare risorse, con un firmamento di bonus, finanziamenti, sostegni a questo o quel progetto socialmente utile, miliardi di euro che finiscono per arricchire i professionisti di fondi pubblici. È questa la grande anomalia. Le tasse drenano risorse vere, i finanziamenti spesso mettono in circolazione una moneta bugiarda. Sono soldi che in troppi casi vanno a sostenere «fuffa». È la rete dei castelli di carta, progetti e imprese che esistono soltanto nell'immaginario della burocrazia. Questo è uno dei motivi per cui in Italia i finanziamenti pubblici sono una scommessa e fin dai tempi della Cassa del Mezzogiorno, che ha regalato al Sud malaffare, costruiscono finzioni. Il sospetto è che possa accadere la stessa cosa con il Pnrr. Lo Stato che aiuta rischia così di mostrarsi perfino più dannoso del gabelliere. Toglie ai miseri per dare ai furbi. Il risultato è un gioco a somma negativa: rallenta il Pil e soffia sull'inflazione.
L'anomalia viene rilevata dal rapporto 2023 dell'Unità di informazione finanziaria (Uif). Qui, tra altre irregolarità, si punta l'attenzione sulle truffe legate al Pnrr. Siamo solo all'inizio, ma ne sono state segnalate 274. La parte interessante, oltre a qualche azienda che si è affrettata a trasferire i soldi all'estero, è che le contestazioni riguardano per lo più la missione 1 del piano. È tutta quell'area che comprende digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo. Non è un caso. È proprio in questi settori che storicamente c'è purtroppo una tendenza a mettere in piedi castelli di carta. I bluff sono più facili da mascherare. Fa ancora più male perché qui si crea il valore aggiunto per realizzare il futuro, proprio come chiede la filosofia europea della Next Generation. Il guaio è che la moneta cattiva scaccia con più facilità quella buona. È troppo forte l'aspetto clientelare.
Il Pnrr poteva essere l'occasione per ristrutturare l'Italia, puntando su pochi progetti strategici. L'ultima possibilità per mettere in sicurezza il territorio (dalle inondazioni ai terremoti), per potenziare la rete ferroviaria o rendere sicuri ponti e viadotti. Non solo questo, naturalmente. Il problema è che il Pnnr disegnato da Conte è invece particolarmente frastagliato.
È pulviscolare e sembra disegnato per accontentare la miriade di gruppi di interesse. È un peccato originale che rende l'intero piano difficile da controllare. È il piano di ripresa di uno Stato che scava buche e le riempie.
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