Il cattivo esempio

Gli studenti si sono messi a manifestare e ad occupare scuole. Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Il cattivo esempio

Gli studenti si sono messi a manifestare e ad occupare scuole. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Per due anni li abbiamo chiusi a casa, costretti alla didattica a distanza, colpevolizzati per la movida, abbiamo impedito loro di fare sport, stare all'aperto e, invece di urlare per come abbiamo trattato le loro giovani libertà, manifestano contro l'alternanza scuola-lavoro. Viene da pensare che abbiamo perso una generazione. Poi, però, ascolti le loro rivendicazioni: «Nessuno di noi morirà più al servizio dei padroni». A cui segue la richiesta che gli stage siano retribuiti. E allora capisci tutto. Sono semplicemente i figli - poco originali - di quelli che hanno sempre gridato al «padrone»: sembrano usciti da un film di Nanni Moretti, invece al massimo hanno giocato a Fortnite.

È dunque il solito gruppo di ideologizzati, una minoranza degli studenti, che non sanno quello che dicono, ma sanno bene cosa vogliono: fare nulla ed essere pagati dalla collettività. Il problema è che oggi rischiano di essere accontentati. Chiedono il «reddito di formazione». Se solo studiassero, saprebbero quanto costano alla collettività e che l'alternanza scuola-lavoro esiste in tutti i Paesi civili. Può essere migliorata, senza dubbio. Nei Paesi anglosassoni è volontaria, è tipica del percorso educativo di ogni famiglia, indipendentemente dal censo. Nei Paesi continentali è invece regolata dallo Stato, con accordi fatti con i privati, e, come tutte le procedure burocratiche, essa non si sottrae a quella ineludibile legge: rispettiamo l'obbligo che ci impone la norma, senza però crederci davvero.

Ci sono centinaia di straordinari esempi di «alternanza» e altrettanti non funzionanti. La critica studentesca sarebbe sacrosanta se poggiasse sul suo miglioramento e non sulla richiesta di una retribuzione. Gli esempi migliori di queste esperienze rappresentano un costo per le aziende che li mettono in piedi. Un costo ragionato per formare i propri dipendenti del futuro.

In un mondo normale, vogliamo esagerare, si paga per stare in bottega e imparare un mestiere. Vaglielo a spiegare oggi ai giovani studenti gné gné che manifestano insanguinati o che chiedono il «reddito di formazione». Certo, in un Paese che ha speso 20 miliardi di reddito di cittadinanza e ha incluso tra i percettori anche i ventenni, beh in un Paese di questo tipo è del tutto evidente che la politica solletichi la presunzione che tutti abbiano diritto ad un reddito senza fare un accidenti.

Figuratevi un po' voi se a

questi poveri disgraziati si imponga di «fare le fotocopie o portare il caffè». «Dov'è la nostra dignità?», si chiedono retoricamente in piazza. Invece pretendere un reddito di formazione o cittadinanza, è forse più dignitoso?

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