
Il primo atto della partita Generali si è consumato con la creazione di una joint venture che, al di là di ogni rassicurazione, getta un'ombra sulla stabilità del debito italiano. Una mossa che, dietro l'illusione di un accordo strategico con la francese Natixis, consegna una fetta rilevante del risparmio nazionale (non meno di 630 miliardi) a una società con sede ad Amsterdam, guidata da tre manager francesi e uno americano. Nel migliore dei casi, l'operazione produrrà 100 milioni di utile, ma solo a partire dal 2030; mentre in tal modo avremo un asset cruciale sotto controllo estero e un'Italia più esposta finanziariamente. Il secondo atto si è consumato con l'anticipo al 24 aprile dell'assemblea dei soci di Generali, originariamente prevista per l'8 maggio. Un'azione pensata per impedire a Delfin di meglio posizionarsi nel capitale della compagnia (ha chiesto l'autorizzazione a salire dal 10 al 20%) nell'imminenza degli ultimi ok da parte delle autorità di alcuni Paesi in cui Generali opera. Un blitz perfettamente orchestrato per blindare l'attuale governance, rendendo meno agevole il riequilibrio degli assetti di comando.
Il terzo atto si consuma in queste ore nelle stanze di Assogestioni, dove il Comitato dei gestori, teoricamente un organismo indipendente, sta decidendo sulla lista di minoranza per il rinnovo del cda delle Generali. Protagonista di questo terzo capitolo è Emilio Franco, coordinatore del Comitato e ceo di Mediobanca Sgr. Una figura che di super partes ha ben poco, come si può facilmente intuire, e che sotto le insegne di Piazzetta Cuccia (cui fa capo il 13,1% del Leone) sta tentando di blindare per quest'altra via la leadership di Philippe Donnet. La strategia è chiara: indurre l'associazione a non presentare una lista di minoranza, con il pretesto che Assogestioni diverrebbe l'ago della bilancia tra la lista lunga che Mediobanca ha già annunciato di voler presentare e la lista breve che probabilmente presenterà Francesco Gaetano Caltagirone (al momento titolare del 7%). In tal modo, secondo Franco, verrebbe snaturato il ruolo tradizionale di Assogestioni che è di tutela delle minoranze nei cda aziendali. Franco però sembra dimenticare che in passato Assogestioni non ha avuto problemi a schierarsi. Basti pensare al rinnovo del cda di Generali tre anni fa o all'assemblea Enel del 2022, quando alcuni fondi guidati da Covalis contrapposero una loro lista a quella del ministero dell'Economia. Anche in quell'occasione Assogestioni non si tirò indietro, anzi piazzò propri rappresentanti nel cda, escludendo altre figure scomode grazie al consenso raccolto. Ora siamo di fronte all'ennesima manovra in cui gli attori di sempre muovono sulla scacchiera per garantire la continuità di una catena autoreferenziale che protegge solo i suoi interessi.
E si resta basiti per il fatto che con l'assemblea di Generali alle porte la Consob nulla abbia finora eccepito sull'attivismo sfrontato del manager Franco, che in pieno conflitto d'interesse agita imperturbabile la bandiera dei suoi danti causa reclamando una verginità perduta da tempo.
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