Rispondendo ad una domanda della giornalista Paola De Caro nel corso di una intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, il ministro Crosetto paventa come unico pericolo per la continuità di questo governo, l'opposizione giudiziaria.
Come prevedibile, l'intervista ha riacceso il fronte di coloro i quali, utilizzando i mezzi di informazione di riferimento, rievocano l'idea di un'aggressione del governo nei confronti della magistratura e di un attentato all'autonomia e all'indipendenza dei giudici.
Al di là dei convenevoli di facciata riservati agli esponenti di governo che nei giorni scorsi sono stati invitati a partecipare ai convegni organizzati in ambito istituzionale e associativo dai magistrati, la realtà dice altro. Quando tutto ciò che non è «sinistra» è chiamato a governare il Paese, l'Anm e chi la presiede finisce per subire le pressioni di coloro i quali, all'interno, richiedono posizioni drastiche ed intransigenti nei confronti di chi osa mettere in discussione l'imparzialità della magistratura. Insomma, si richiede al presidente dell'Anm un esercizio di «celodurismo» affinché l'Anm non sia scavalcata a sinistra dalle correnti di riferimento.
A questo schema non pare essersi sottratto l'attuale presidente dell'Anm, esponente della sinistra giudiziaria e già capo dell'ufficio legislativo del ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale, durante il suo intervento al comitato direttivo centrale, non ha perso l'occasione per attaccare a testa bassa la posizione pubblica espressa da Crosetto, reo di aver accusato una parte della magistratura di essere politicizzata, senza però affrontare il merito della questione, rappresentato dal perché nel corso di una riunione di una corrente della magistratura si fosse parlato di «come fare a fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni».
La risposta a tale quesito avrebbe consentito di spiegare ai cittadini come ed in che modo Santalucia ed altri autorevoli esponenti della sinistra giudiziaria ritengano possibile conciliare l'idea dell'imparzialità del giudice quando nella stessa persona si cumula una doppia figura: quella del giudice, chiamato sulla base di un tecnicismo ad applicare la legge, e quella del politico, che in assenza di uno specifico mandato elettorale pretende di porsi in contrasto con l'azione di governo al pari dell'opposizione politica.
Tale silenzio risuona ancor più assordante proprio nel giorno in cui le cronache giudiziarie rilanciano la notizia di Beniamino Zuncheddu, condannato nel 1991 perché ritenuto il solo responsabile dell'omicidio di tre pastori in provincia di Cagliari e liberato ma non ancora in via definitiva - 32 anni dopo.
Sono domande che, in maniera sempre più pressante, tanti cittadini continuano a porsi nel tentativo di comprendere se saranno giudicati da un giudice terzo ed imparziale, chiamato a rispondere dell'eventuale violazione delle regole processuali, oppure da un magistrato appartenente ad un'organizzazione politica che in qualche modo finisce per contrapporsi all'organizzazione politica democraticamente scelta dai cittadini elettori.
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